Calciopolisti di tutto il mondo unitevi, che trionfi il luogo comune. Vi accorgerete che non esiste un calcio più credibile di quelli già visti. Commuovetevi pure, ma quando vi saranno passati i lucciconi provate a ragionare: tutto quello che ha portato l’estate del 2006 è finito il giorno delle sentenze. La sua pelle, quella del calcio, è rimasta la stessa di prima, anzi, peggio di quella che venne descritta come una vergogna tutta italiana. Ci dicono che in due anni il calcio italiano ha recuperato credibilità. Balle. Ci dicono che ci sono motivi d'orgoglio se ripensiamo alle ultime due stagioni. Altre balle. Fra quello che è stato il periodo pre-calciopoli e tutto quello che ne è seguito le differenze sono abissali, praticamente agli antipodi.
C'era una volta il calcio italiano: quello delle sette sorelle. I giocatori più forti facevano a gara per venire in Italia, le coppe europee erano dominate dalle rappresentanti del football italiota. Provinciali di lusso come il Parma o la Sampdoria si permettevano di vincere coppe Uefa o di arrivare in finale di Champions League, eliminando squadroni dai nomi altisonanti come Bayern Monaco e Real Madrid. Al vertice della piramide c'erano due squadre: Milan e Juventus; prim’attrici nel “Teatro dei sogni” per una finale continentale tutta tricolore. La continuità, ci dissero, sarà superiore alla rottura. Le voci ascoltate sabato sera dall’Olimpico in Roma hanno provato ad indottrinarci uno slogan: “per recuperare il gap dalle inglesi c’è bisogno di arbitrare all’inglese”. Ancora balle. Quando si caricavano armi e bagagli per volare oltre le alpi, andando ad espugnare un qualunque campo europeo, i motivi dei successi erano altri. Ci ricordano che, nel 2007, si incentrarono interventi sui rapporti fra economia, etica, sport, e ci dicono, oggi, che i risultati sono arrivati. Domandiamo: quali? Continuerà il tentativo, già in parte riuscito, di occultare le due stagioni con il più alto numero di errori arbitrali. Proseguirà il continuare a dire che il numero degli spettatori negli stadi è aumentato, che gli episodi di violenza sono diminuiti e che le società di calcio, oltre ad avere la possibilità di competere in un campionato dove possono vincere tutti, avranno una crescita sia sotto l’aspetto qualitativo che quantitativo. Nuovamente balle: gli stadi sono sempre più vuoti, gli episodi di violenza non diminuiscono e le società di calcio italiane hanno bilanci e risultati sportivi da brividi. Eccezion fatta per il Milan stagione 2006/07, nelle tre stagioni post-calciopoli abbiamo portato una sola squadra in semifinale – Fiorentina in coppa Uefa – ed una ai quarti – Roma in Champions – nelle competizioni europee per club, condite dalla disastrosa campagna azzurra di Donadoni. Ci dicono che oggi ci ritroviamo in un contesto più sereno. Inutile aggiungere che sono balle, viste le polemiche che, Mourinho o meno, si sono venute a creare.
L’ideologia di Abete è gran bella cosa: “Abbiamo cercato di dare forza ai nostri valori, al centro e sul territorio, preservando l'autonomia degli organi di giustizia sportiva, del mondo arbitrale, degli organismi di controllo e di vigilanza sulle società, cercando di creare le condizioni perché potessero operare nel migliore dei modi”. Da amante del gioco del football sorrido.
Il post-calciopoli assomiglia sempre di più alle serate trascorse con la coppia Bisio-Incontrada, con una differenza: l’Arcimboldi è sempre pieno, e questa non è una balla.
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