"Sono rimasto in silenzio da quando ho lasciato il mio posto alla Cia circa tre anni fa, ma adesso sono costretto a rompere questo silenzio, perché credo che il nostro governo abbia oltrepassato la linea rossa che divide una corretta protezione della sicurezza nazionale dallo scorretto tentativo di guadagnare un vantaggio politico per il suo partito. Non possiamo avere servizi segreti se continuiamo a non rispettare il segreto. Gli americani devono decidere ora".
Lo scrive Porter J. Goss - un repubblicano che è stato direttore della CIA dal settembre 2004 al maggio 2006 ed è stato presidente della Camera comitato permanente sulla Intelligence dal 1997 al 2004 - sulla pagina degli editoriali del Washington Post, dopo la decisione dell'amministrazione Obama di non ricorrere alla Corte Suprema, in seguito alla decisione di un tribunale federale a favore all’Aclu (American Civil Liberties Union) sulla pubblicazione di alcune fotografie relative ad abusi commessi dagli agenti speciali americani contro prigionieri detenuti nelle carceri irachene e afghane.
L'ex direttore della Cia prosegue: "Una epidemia di amnesia sembra affligere i miei ex colleghi a Capitol Hill". E nel puntualizzare alcuni aspetti, Goss, si sofferma su quello che, a suo tempo, veniva dato alla Cia per proseguire gli interrogatori post 11 settembre. " Abbiamo capito che cosa stava facendo la Cia; abbiamo dato alla Cia il nostro sostegno bipartisan; abbiamo dato alla Cia i fondi necessari per proseguire; abbiamo chiesto alla Cia se avesse bisogno di ulteriore sostegno nella sua missione contro al Qaeda".
Sottolineare che il riferimento è indirizzato a Nancy Pelosi è fin troppo chiaro, soprattutto dopo che la leader della Camera si è detta propensa alla formazione di un commissione d'inchiesta.
Goss si ritrova dunque esterrefatto, considerando che la "democratica" Pelosi conosceva alla perfezione le tecniche utilizzate dalla Cia già nel 2002 e non ha mai sollevato obiezioni, pubbliche o private.
"Abbiamo dato al nostro nemico preziose informazioni circa le modalità con cui operiamo". Questà è la più grande preoccupazione per Porter J. Goss, conscio del fatto che i giorni in cui l'America era una fortezza (così definisce gli anni in cui era lui stesso al comando: "The days of fortress America are gone") sono finiti.
"Andando avanti di questo passo - prosegue Goss - temo che la sicurezza del Paese sarà messa nuovamente alla prova, con una nuova minaccia che potrebbe tradursi in un nuovo attacco".
Ora, passati i cento giorni, Barack Obama dovrà prendere una decisione, e non sarà delle più semplici: a. seguire l'elettorato, mettendo a rischio la sicurezza nazionale; b. guardare oltre cercando di non superare quella linea rossa descritta da Goss, andando contro il suo partito.
Goss chiama tutto questo uno "show" pericoloso ("There is only one person who can shut down this dangerous show"), ribadendo che esiste una sola persona in grado di fermarlo: il presidente Obama.
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