Un sondaggio ABC News-Washington Post indica che il 69 per cento degli americani si fida di Barack Obama. Nei primi Cento Giorni il presidente si è guadagnato un indice di approvazione superiore a quello dei suoi predecessori da 30 anni a questa parte, superando anche la popolarità di Reagan. Ad appoggiarlo sono il 93 per cento tra gli elettori democratici, il 67 per cento degli indipendenti, il 36 per cento dei repubblicani.
Il 58 per cento degli americani approva la sua politica economica ma solo il 41 per cento è d’accordo con il salvataggio di GM, Chrysler e l’industria dell’auto di Detroit. C’è anche scetticismo sulla politica di spesa pubblica e il piano di “stimolo” dell’economia, questioni che potrebbero rendere più vulnerabile la presidenza. Le decisioni sul "waterboarding" e il conto aperto con l'amministrazione Bush, per esempio, suscitano reazioni contrastanti. Su questo tema il consenso del presidente è sceso dal 58 per cento dello scorso gennaio al 49 per cento di oggi, soprattutto nell’elettorato indipendente, conservatore e repubblicano.
I risultati migliori Obama li ottiene grazie al suo carisma e alla capacità di “ascoltare punti di vista diversi” (90 per cento). Su questo incide la spirale negativa che continua ad avvolgere il partito repubblicano, che ha iniziato a dissanguarsi dal 2004: oggi solo il 21 per cento degli americani si definisce repubblicano, il peggior risultato dal settembre del 1983.
Un sondaggio condotto da Associated Press con GfK Roper Public Affairs and Media, su un campione di mille persone, conferma le tendenze in atto. Nonostante l’America abbia perso milioni di posti di lavoro, nonostante la crescita del debito pubblico e i miliardi di dollari investiti nel bailout, nei suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca il presidente ha guidato gli Usa nel “modo giusto”. Gli intervistati si rendono conto che è ancora presto per dare un giudizio realistico sulle scelte di Obama ma ne apprezzano la forza, l’etica e la capacità di affascinare empaticamente il Paese.
Obama non è stato il primo presidente a fare leva sull’ottimismo e sul patriottismo degli americani. Ci provarono anche Roosevelt ai tempi della Depressione e Reagan evocando la “città sulla collina”. Eppure il 65 per cento degli americani di oggi è convinto che la sua famiglia è in difficoltà, un cittadino su tre racconta storie di conoscenti che hanno perso il lavoro, il 90 per cento della popolazione considera l’economia la questione primaria ed è preoccupata perché le prossime generazioni dovranno accollarsi i debiti di oggi. La speranza c’è ancora, insomma, ma gli americani si aspettano dei risultati. Tanti e subito.
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