Ci rivolgiamo spesso ai lettori con considerazioni sulla nostra ingiustissima giustizia, che questa sia sportiva o ordinaria. Oggi vogliamo associare a questo male italiano un pezzo di Enzo Jannacci, metà monologo e metà musica, che puntava il dito contro le ipocrisie ed i luogocomunismi di “quelli che…”, ed in un passaggio diceva: “quelli che, peggio che da noi solo in Uganda” .
La realtà ha superato l’ironia: la giustizia ugandese funziona meglio della nostra. Ci sono cose che si possono leggere solo pensando ad autori comici. Ad esempio le parole del pubblico ministero Luca Palamara, che ha impugnato in appello la sentenza con la quale l'8 gennaio scorso i giudici della decima sezione penale del tribunale di Roma hanno condannato, per pressioni consumate o tentate su alcuni calciatori, soltanto Luciano Moggi (un anno e mezzo) e il figlio Alessandro (un anno e due mesi), assolvendo, con varie formule, Franco Zavaglia, Davide Lippi, Francesco Ceravolo e Pasquale Gallo, dall'accusa di illecita concorrenza con minaccia o violenza e dall'ipotesi di reato associativo: "E' lo stesso tribunale a riconoscere l’indubitabile posizione di preminenza acquisita da Luciano Moggi nel mondo del calcio che, benché non possa essere ascritta tra quelle tipiche della criminalità organizzata, si è tuttavia esplicitata in atteggiamento di intimidazione che hanno avuto come riflesso un controllo del mondo del calcio".Questo è quanto ha scritto tra i suoi motivi il pm Palamara.
A rendere sussistente il reato associativo poi - si legge - è anche la "sistematicità delle condotte poste in essere soprattutto alla luce del costante orientamento giurisprudenziale" secondo cui "la prova dell'esistenza del sodalizio criminoso e della sua connotazione si ricava dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive: ciò in quanto l'operatività in concreto di un'organizzazione criminale si manifesta attraverso i medesimi".
Ricapitoliamo: La decima sezione del Tribunale di Roma ha assolto tutti gli imputati, nel processo contro la Gea, dall'accusa di associazione a delinquere. E questa è la notizia! L'accusa portata in tribunale dal pubblico ministero Luca Palamara - presidente dell'Associazione nazionale magistrati - , si basava sul fatto che la Gea fosse un’associazione a delinquere di cui Moggi si serviva per controllare il mercato del calcio, ed è stata smontata e demolita dalla sentenza del Tribunale, secondo il quale la società Gea non controllava illegalmente il mercato. Assolti in primo grado l’amministratore delegato Franco Zavaglia, Davide Lippi - figlio del ct della nazionale Marcello -, Francesco Ceravolo e Pasquale Gallo. Assolti dall'accusa di associazione a delinquere anche Luciano Moggi e suo figlio Alessandro. Ma c'è una coda. Gli organi di stampa titolarono con la notizia di condanna per i due Moggi, - con titoli minori rispetto a quello che sarebbe accaduto nel caso il Tribunale avesse confermato la tesi accusatoria - e tecnicamente è vero. Luciano Moggi e Alessandro Moggi sono stati condannati per minacce private nei confronti di alcuni giocatori, e se ci fosse stato in giro anche un Moggi Spirito Santo un annetto glielo avrebbero appioppato pure a lui. In soldoni Moggi padre (e un po' anche il figlio) avrebbero costretto un calciatore a giocare per meritarsi un aumento di stipendio, e avrebbero fatto sapere a un altro che l'allenatore non lo voleva e se non accettava il trasferimento sarebbe finito in tribuna. Non passò invece l'accusa orribile del calciatore Fabrizio Miccoli, il quale si era lamentato coi giudici perché una volta la squadra lo aveva dimenticato in pullman: per una condanna forse occorreva almeno lo abbandonassero a un autogrill.
Abbiamo letto e riletto le intercettazioni, seguito il processo. A Moggi è stato confezionato, prima di qualsiasi valutazione seria dei fatti, il pigiama a righe del delinquente. Va così. Di tanto in tanto serve il capro espiatorio, per ricominciare peggio di prima: si sdraia la bestia sul tavolaccio, ma poi, quando non si può tagliargli la gola a causa dell'insussistenza assoluta di prove e di indizi, si decide, per salvare la faccia alla giustizia che ha speso montagne di denari, di ferirla, anche più volte, ma senza ucciderla. Tanto chi vuoi che protesti? Trattasi di Moggi. È cattivo per definizione mitologica. L’Italia ha un drammatico problema di cultura, quella del sospetto. In politica come nello sport, così come nella quotidianità.
In quanto alla giustizia … dell’Uganda già si disse.
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