Teresa Casoria, la presidente-donna della giuria di donne di Calciopoli, sta seduta sul suo scranno dell’aula della nona sezione che celebra la prima udienza vera del processo a Moggi e altri 23: interrogano l’ex gola profonda del Calcioscommesse 1986 Armando Carbone, poi il padre di Gianluca Paparesta, Romeo, quello che prende dalle mani di Moggi a via Petrarca il telefonino con sim svizzera che incardina il procedimento a Napoli. Ma quando alla fine dell’udienza con avvocati e pm si discute sul fitto calendario delle udienze fissato fino a fine 2009 si fa scappare una frase di quelle pesanti.
Dicono no all’udienza del 29 dicembre, i legali. E lei: «In questa sezione abbiamo anche processi più seri da portare avanti». Poi cerca la correzione, mentre gli avvocati sorridono e i pm masticano amaro: «Nel senso che abbiamo pendenti casi con gente agli arresti…»
Ma la frase resta lì al termine di un’udienza iniziale che parte con i fuochi d’artificio del Carbone che dice tutto e il contrario di tutto, che parla di inghippi e intrallazzi da Torino-Hajduk e Juve-Aston Villa fino all’ingaggio di Ferrara («lo ha portato alla Juve la Gea…», ma Ciro s’è trasferito nel 1994 quando i rampolli della Gea facevano il liceo), che confonde date e fatti, opinioni e letture di giornali, che dentro il sistema Moggi ci mette tutti.
Se la prende coi giudici Marabotto e Laudi, fino a dire (manco la questura di Torino fosse il Cile) che ai tempi del calcio scommesse venne arrestato e tenuto in guardiola per 41 giorni. «Vabbe, abbiamo inquadrato il personaggio», dice la presidente Casoria.
Paparesta senior parla dei suoi telefonini moggiani. Romeo riferisce di un Moggi che ai tempi degli incontri che dovevano favorire una sua scalata (abortita) ai vertici Aia era «ossessionato da quella che lui chiamava la cupola del calcio, le squadre romane e soprattutto le milanesi. Moggi temeva che questo potere potesse vanificare il lavoro fatto alla Juventus». Poi rivela come Lucianone si lamentasse del fatto che gli “amici” Pairetto e Bergamo non riuscissero ad aiutarlo. Moggi chiederà proprio a Paparesta senior di segnalargli storture del mondo arbitrale in quella annata diciamo… inquieta. Con quei telefonini con schede svizzere nei quali ci sono registrati i numeri Luciano1 e Luciano2, Fabiano1 e Fabiano2 (Mariani ex dg Messina e uomo di fiducia per anni di Moggi).
Poi i passaggi successivi al famoso Reggina-Juve. Sostiene Romeo che avesse invitato il figlio a chiamare col telefonino svizzero Moggi per censurare l’ex dg Juve dopo la nottata del Granillo. Chiude con un’ammissione sul figlio: «Gianluca commise un errore a non refertare l’accaduto». Ce ne siamo accorti. Singolare che tra le rappresaglie su Gianluca ci fosse una sospensione tecnica dopo la finale di Coppa Italia 2004, Juve-Lazio, vinta dai biancocelesti: stop di due mesi… Ma il campionato era praticamente finito. Il processo prosegue, anche senza imputati “ristretti” in vincoli: martedì prossimo udienza da 20 ore… Saranno interrogati Franco Baldini (nel caso Gea venne controinterrogato per quattro ore…), poi Dal Cin, l’agente Canovi, l’ex gola profonda della Figc, Galati, l’impiegato Juve Bertolini incaricato di comprare le schede a Chiasso dal signor De Cillis (anche lui tra i testi di martedì), Nucini, Aliberti, Gazzoni Frascara. Poi udienze a pioggia. In attesa che giunga qualche ribaltone sulla questione di fondo del processo, cioè le intercettazioni telefoniche: si lavora alla trascrizione e si cercano le chiamate di altri dirigenti di club ai designatori. Telefonate di cui nell’indagine parlava anche Bergamo in interrogatorio (ma anche nelle sue chiamate con la mitica impiegata Figc, Fazi).
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