Il presente della “mia” Juventus non c’è e il futuro non ci sarà. Quella di cui si parla è una versione che potrebbe avere come regista il neo “americano” Gabriele Muccino, stampata sulla pellicola di “Come te nessuno mai”. Sottoposta ad una “santa inquisizione” e risucchiata dalle sabbie mobili dei propri padroni. Quel che resta non è la speranza dei tifosi, ma lo sconforto di chi, con orrore, ha visto trasformare il più forte club nazionale in una società come tante, e spesso nemmeno quella. Oltre tutto, con responsabilità sia esterne che soprattutto interne.
La Juventus, quella che amavo, funzionava così: la sveglia suonava presto, e per uno che in settimana si doveva alzare regolarmente prestissimo non era il massimo, ma c’era Lei, la Signora, e per l’ennesima domenica non si poteva perdere per nessuna ragione al mondo. Gli attrezzi da lavoro erano già pronti dalla sera prima: sciarpa, bandana e maglietta sottopelle, regolarmente bianconera. Restavano i piccoli particolari: quei gesti quasi consueti, deformazione di un giovane passato da aspirante calciatore, e poi occhiali da sole, sempre, anche quando pioveva, che facevano un po’ più tifoso. Il punto di ritrovo sempre lo stesso, con la solita gente, compagni di viaggio, di gioie e di dolori, per fortuna sportivi. La marcia di trasferimento andava via quasi sempre allo stesso modo: dall’amante delle patatine che veniva regolarmente sgridato dall’autista, al gruppetto che cominciava le solite discussioni tecnico-tattiche, al sottoscritto che, per evitare l’innalzamento della temperatura corporea, viste le castronerie sparate dal solito gruppetto, preferiva le cuffie, accompagnato da Vasco, sempre. L’arrivo nei pressi dello stadio induceva il cuore a battere, sempre più forte, anche dopo anni di trasferte e partite.
Attenzione! Non sto parlando della Juventus di Platini, Scirea, Boniek, Cabrini e Tardelli e neppure di quella di Furino, anche perché ai tempi degli otto scudetti di Beppe ero piccolo e mi rimangono i ricordi del bianco e nero della “Domenica Sportiva” e dei racconti di mio padre. Non mi riferisco nemmeno a quella della Triade, quando si andava a San Siro vittoriosi in campionato e in coppa Italia, e mentre si perdeva la coppa Uefa contro il Parma una sola voce si alzava in cielo: “Solo la Juve, in campo solo la Juve…”. No, sto parlando degli anni ‘90. Gli anni in cui tramontò la generazione di calciatori che avevano costituito l'asse portante della squadra, quella vittoriosa in Europa e nel mondo: l’asse che vinse i mondiali di “Espana ‘82”. Erano gli anni della Sampdoria di Vujadin Boškov, del Milan di Arrigo Sacchi, e purtroppo di una Juventus che per 9 lunghi anni si dovette accontentare di due Coppe UEFA (1990 e 1993) e una Coppa Italia (1990). L’Inter? Anche allora annaspava nelle posizioni lontane dalla testa. Eppure, la passione era sempre più forte, oggi più di ieri, domani sicuramente più di oggi. Nonostante le continue amarezze di quel periodo, c’era qualcosa che ti faceva sentire protetto, c’era una storia da difendere, raccolta nell’orgoglio di oltre 14 milioni di tifosi. E a difenderla c’erano loro, gli Agnelli, consapevoli che il popolo bianconero avrebbe meritato molto di più di quello che veniva loro offerto.
A tutto questo, si aggiunge una recente intervista apparsa su la Gazzetta dello Sport a cui ha risposto l’amministratore delegato della società bianconera Blanc. Non entro nel merito delle innumerevoli domande a cui si è sottoposto il dirigente, ma ne affronto una sola. A Jean Claude Blanc è stato fatto presente: “in 3 anni avete cambiato 3 allenatori: non è da Juve”. Questa la risposta: “Non si può confrontare questo triennio col resto della storia bianconera. Sono stati 3 anni particolari, difficili, di lotta per tornare subito in alto: in questa situazione ci sta che qualcuno cada. Ma ora con Ferrara si apre un altro ciclo. più normale, più sereno”. Appunto, non si possono confrontare 100 e passa anni di storia, orgoglio e successi con quello che è diventata oggi la Juventus. Rimarrai per sempre unica e come te non ci sarà mai più nessuna, ma se Blanc afferma che nessuno è come loro, io sono felice di non amarti più.
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