I quotidiani degli ultimi giorni hanno dato ampio rilievo (qui una rassegna stampa) alla “previsione” del Codacons, secondo cui quest’estate il costo di un litro di benzina potrebbe raggiungere 1,5 euro.
La “sparata” mi ha molto stupito, perché anticipare i prezzi della benzina richiede una serie di ipotesi sugli andamenti futuri dei mercati internazionali del petrolio grezzo e dei prodotti, sui margini di compagnie e gestori degli impianti, sul comportamento della domanda e, in ultima analisi, sul futuro dell’economia nei prossimi mesi. Tutti abbiamo le nostre idee, di cui parliamo al bar con gli amici, ma da lì a scambiare un terno al lotto per una previsione ce ne passa. Così, sono andato sul sito del Codacons per capire quali ipotesi e quale metodologia stessero alle spalle di una cifra tanto preoccupante, per le tasche degli automobilisti. Tutto quello che ho potuto trovare è questo comunicato. Cito testualmente le parole di Carlo Rienzi, capo dell’organizzazione cosiddetta dei consumatori:
Di questo passo prevediamo che i listini della benzina raggiungano 1,5 euro al litro entro il mese di agosto, grazie al famoso gioco della doppia velocità messo in atto dai petrolieri. Una simile circostanza rappresenterebbe una sciagura per le famiglie, con una maggiore spesa di 10 euro solo per il pieno rispetto ai listini attuali, e ripercussioni indirette (energia, trasporti, prezzi prodotti trasportati, eccetera) per complessivi 300 euro a famiglia solo nel secondo semestre 2009. Finora il governo non ha fatto nulla per punire le speculazioni sui prezzi dei carburanti, e non crediamo abbia intenzione di intervenire a tutela delle famiglie. Non ci resta che sperare nell’intervento dell’Antitrust o della magistratura per evitare che le nostre previsioni diventino una triste realtà.
Da quello che capisco, la “previsione” poggia sul nulla: potrei dire, con la stessa credibilità e la stessa solidità, che la benzina entro agosto costerà 1 euro al litro. Il punto non è se l’una o l’altra “previsione” si verificheranno: in entrambi i casi, è possibile. Il punto è che non si tratta di previsioni più “scientifiche” di quelle che ogni domenica milioni di italiani compiono quando compilano la schedina del Totocalcio. Magari fanno 13, ma l’unica ragione è il caso. Lo stesso vale per l’euro e mezzo di Rienzi. Che del resto viene giustificato con la “doppia velocità” del prezzo dei carburanti, e quindi assume prezzi petroliferi in crescita (cosa di cui non sono convinto, da qui ad agosto) e mercati dei prodotti ugualmente in tensione (più probabile, anche se incerto). Stessa ipotesi è sottostante all’inciso di Rienzi, che “prevede” aumenti non solo della mobilità e dei trasporti, ma anche dell’ “energia” (suppongo si riferisca all’elettricità), la quale vedrebbe crescere il costo della materia prima (in Italia, essenzialmente il gas) tramite il petrolio. Se però siamo davvero di fronte a un aumento significativo del Brent, da cui discenderebbero aumenti di tutti i beni e prodotti da esso dipendenti o a esso legati, non si capisce cosa ci sarebbe di stupefacente in un analogo aumento della benzina e degli altri carburanti.
Se infatti a monte degli aumenti della benzina stessero gli aumenti del petrolio, non ci sarebbe nulla che il governo, l’Antitrust o la magistratura (ohibò) potrebbero fare. Questo anche in presenza di movimenti “speculativi”, qualunque cosa siano e qualunque cosa intenda Rienzi (non sono sicuro che le due definizioni coincidano). Peraltro, va dato atto al governo (dal punto di vista di Rienzi, non dal mio) di aver fatto molto contro i petrolieri: se 5,5 punti percentuali di Ires aggiuntivi alla vigilia di una crisi di dimensioni colossali vi sembran poco…
Comunque, se Rienzi crede davvero nelle sue previsioni, non serve che invochi le autorità politiche, civili e religiose perché marcino contro i petrolieri. Basta che inviti gli italiani a comprare un po’ di taniche di benzina ai prezzi attuali per tenerle in cantina, in modo da farsene un baffo degli aumenti futuri. Sarebbe un comportamento “speculativo”, ovviamente, ma così funziona il mondo: si compra a poco e si vende a tanto, o almeno ci si prova. Chi fa il contrario non è onesto: è fesso e si fa giustamente difendere dalle associazioni dei cosiddetti consumatori.
La “sparata” mi ha molto stupito, perché anticipare i prezzi della benzina richiede una serie di ipotesi sugli andamenti futuri dei mercati internazionali del petrolio grezzo e dei prodotti, sui margini di compagnie e gestori degli impianti, sul comportamento della domanda e, in ultima analisi, sul futuro dell’economia nei prossimi mesi. Tutti abbiamo le nostre idee, di cui parliamo al bar con gli amici, ma da lì a scambiare un terno al lotto per una previsione ce ne passa. Così, sono andato sul sito del Codacons per capire quali ipotesi e quale metodologia stessero alle spalle di una cifra tanto preoccupante, per le tasche degli automobilisti. Tutto quello che ho potuto trovare è questo comunicato. Cito testualmente le parole di Carlo Rienzi, capo dell’organizzazione cosiddetta dei consumatori:
Di questo passo prevediamo che i listini della benzina raggiungano 1,5 euro al litro entro il mese di agosto, grazie al famoso gioco della doppia velocità messo in atto dai petrolieri. Una simile circostanza rappresenterebbe una sciagura per le famiglie, con una maggiore spesa di 10 euro solo per il pieno rispetto ai listini attuali, e ripercussioni indirette (energia, trasporti, prezzi prodotti trasportati, eccetera) per complessivi 300 euro a famiglia solo nel secondo semestre 2009. Finora il governo non ha fatto nulla per punire le speculazioni sui prezzi dei carburanti, e non crediamo abbia intenzione di intervenire a tutela delle famiglie. Non ci resta che sperare nell’intervento dell’Antitrust o della magistratura per evitare che le nostre previsioni diventino una triste realtà.
Da quello che capisco, la “previsione” poggia sul nulla: potrei dire, con la stessa credibilità e la stessa solidità, che la benzina entro agosto costerà 1 euro al litro. Il punto non è se l’una o l’altra “previsione” si verificheranno: in entrambi i casi, è possibile. Il punto è che non si tratta di previsioni più “scientifiche” di quelle che ogni domenica milioni di italiani compiono quando compilano la schedina del Totocalcio. Magari fanno 13, ma l’unica ragione è il caso. Lo stesso vale per l’euro e mezzo di Rienzi. Che del resto viene giustificato con la “doppia velocità” del prezzo dei carburanti, e quindi assume prezzi petroliferi in crescita (cosa di cui non sono convinto, da qui ad agosto) e mercati dei prodotti ugualmente in tensione (più probabile, anche se incerto). Stessa ipotesi è sottostante all’inciso di Rienzi, che “prevede” aumenti non solo della mobilità e dei trasporti, ma anche dell’ “energia” (suppongo si riferisca all’elettricità), la quale vedrebbe crescere il costo della materia prima (in Italia, essenzialmente il gas) tramite il petrolio. Se però siamo davvero di fronte a un aumento significativo del Brent, da cui discenderebbero aumenti di tutti i beni e prodotti da esso dipendenti o a esso legati, non si capisce cosa ci sarebbe di stupefacente in un analogo aumento della benzina e degli altri carburanti.
Se infatti a monte degli aumenti della benzina stessero gli aumenti del petrolio, non ci sarebbe nulla che il governo, l’Antitrust o la magistratura (ohibò) potrebbero fare. Questo anche in presenza di movimenti “speculativi”, qualunque cosa siano e qualunque cosa intenda Rienzi (non sono sicuro che le due definizioni coincidano). Peraltro, va dato atto al governo (dal punto di vista di Rienzi, non dal mio) di aver fatto molto contro i petrolieri: se 5,5 punti percentuali di Ires aggiuntivi alla vigilia di una crisi di dimensioni colossali vi sembran poco…
Comunque, se Rienzi crede davvero nelle sue previsioni, non serve che invochi le autorità politiche, civili e religiose perché marcino contro i petrolieri. Basta che inviti gli italiani a comprare un po’ di taniche di benzina ai prezzi attuali per tenerle in cantina, in modo da farsene un baffo degli aumenti futuri. Sarebbe un comportamento “speculativo”, ovviamente, ma così funziona il mondo: si compra a poco e si vende a tanto, o almeno ci si prova. Chi fa il contrario non è onesto: è fesso e si fa giustamente difendere dalle associazioni dei cosiddetti consumatori.
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