In questi giorni apprendiamo una notizia dal mondo politico, notizia che ha poco di politico e molto di serate mondane, notizia che interessa sempre Lui, il Premier Silvio Berlusconi.
La nuova scossa tellurica da Palazzo Chigi giunge dopo la pubblicazione da parte de "L'Espresso" di un'indiscrezione: Silvio Berlusconi, Gianni Letta, Angelino Alfano e Carlo Vizzini attovagliati a casa del giudice costituzionale Luigi Mazzella, in presenza di Paolo Maria Napolitano, altro giudice costituzionale.
Apriti cielo. Il sospetto di pastette tra i convitati e l'ospite, in base al Lodo Alfano che in autunno la Consultà prenderà in esame, ha preso campo.
Tant'è che a Montecitorio è scoppiato il caos: da una parte si sono schierati coloro che hanno sollecitato le dimissioni delle "toghe", dall'altra coloro che hanno etichettato la vicenda come un banale incontro conviviale.
Accostiamo questa vicenda a quello che accadeva nell'estate del 2006 e proviamo a cercare delle similitudini.
Le funzioni della Consulta sono quelle di valutare se le leggi approvate dal Parlamento siano o no costituzionali; tutte le leggi, non soltanto il Lodo Alfano.
Il giudice di un processo, che basa l'inchiesta sulle intercettazioni, deve valutare la richiesta dell'accusa e l'arringa della difesa in base a tutte le intercettazioni, e non solamente quelle a carico di Luciano Moggi e della Juventus.
E in entrambi i casi, questo dovrebbe succedere sempre. Come da sempre uomini di governo e giudici, tesserati del mondo del calcio e affini, si incontrano, si telefonano e magari pranzano alla stessa mensa.
D'altronde, sia nel caso della cena a casa Mazzella sia nel caso dei rapporti tra Moggi e i designatori, se non fosse legale esisterebbe una norma, un divieto specifico, un articolo che lo negherebbe.
Ma anche qui, ed in entrambi i casi, non c'è, non esiste. Nello specifico del mondo pallonaro apriamo una parentesi. Al tempo in cui si dedicò così tanto risalto alle telefonate goliardiche di Luciano Moggi, non c'era un solo comma che vietasse l'intrattenimento di rapporti interpersonali tra i tesserati, norma introdotta dopo la farsa di "calciopoli".
Ora. In assenza di tale divieto si evince questo: "l'Italia è un Paese libero dove i cittadini sono legittimati, perfino toghe e governanti, a bere un bicchiere insieme e farsi una bistecchina senza temere di incorrere nei rigori della Stasi e del Kgb" (cit. Feltri).
Oggi come allora esiste una libertà di azioni interpersonali che infastidisce, e non si capisce se questo è dovuto alla convinzione, da parte di coloro che provano disturbo, di avere l'esclusiva dei rapporti: ieri con gli arbitri, ora con la magistratura.In soldoni: quando Facchetti intratteneva rapporti interpersonali con i designatori arbitrali, forniva la prova di frequentare persone per bene; se viceversa lo faceva Moggi commetteva un reato (tentativo di corruzione?), esattamente come la commeteva il designatore di turno.
Oggi si grida allo scandalo, come se il "cavaliere" e Mazzella non sono semplici amici, ma compagni di merenda pronti a trescare; ieri si è costruito un mostro, consegnando al popolino l'artefice di tutte le malefatte del calcio italiano.
Almeno in questo caso la legge è stata uguale per tutti.
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