..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

mercoledì 21 ottobre 2009

BUONI E CATTIVI

Osserviamo, con un esempio concreto, come il decadimento sportivo s’accompagna a quello sociale, intaccando la civiltà stessa di un Paese. Ho l'impressione che molti italiani non sanno molto di quanto accade negli stadi, o hanno le idee confuse. Ciò lo si deve al fatto che il racconto che ci viene propinato dai mezzi d’informazione e dal governo del pallone nasconda la realtà sostituendola con una favola, quella dei buoni e dei cattivi.
Finita, con la giusta punizione (recidività) inflitta alla società Juventus, la presa di posizione dei perbenisti nei confronti dei cori razzisti ai danni di Mario Balotelli, si è voluto far finta che gli altri tifosi da stadio non fossero “parenti” di quelli che vergognosamente attaccarono il ragazzo di colore degli indossatori di scudetti altrui, piegando la storia alla bugia per inventare un calcio diverso, battezzandone i comportamenti. Da una parte i cattivi, pochi, dall’altra i loro “nemici”, tanti e tutti buoni.
Il depistaggio è un fatto incontrovertibile, consultabile nelle pagine dei quotidiani ed udibile dalle (non) parole dei comodamente seduti nelle poltrone che contano. Striscioni, canti e cori vengono fatti passare come una rubrica televisiva, l'enormità delle colpe serve a farle sembrare impossibili.
Non leggete quel che segue, se cercate la "verità", perché non la conosco.


Riconosco, però, le bugie e l’ipocrisia. Avvitare alla propria infelicità personale la vita privata di un essere umano è segno di inciviltà, che questo vesta in giacca e cravatta o in mutandoni e maglietta. Quanto accaduto a Daniele De Rossi appartiene alla barbarie del calcio, trasformando uno stadio in un Colosseo dove uno spicchio di curva non esibiva il pollice verso ma urlava veramente quanto di più ignobile venisse in mente. Quanto accaduto a Gianluca Pessotto, stavolta si “all’Anfiteatro Flavio”, è figlio della mancanza dei principi costituzionali di una democrazia, dove invece di riservare silenzio e buon senso si riaccende vergognosamente una tragedia personale. Quanto accaduto a Rocco Acerra, Bruno Balli, Giancarlo Bruschera e a tutti coloro che persero la vita nella tragica Bruxelles, raccolti nello squallido “mancano 39 vostri spettatori”, è quantomeno paragonabile all’esultanza mafiosa di fronte all’esplosione di Capaci.
Da noi tutto questo passa come inosservato, ininfluente. Nessuno ha più alzato la voce, nessuno si è più scandalizzato. Da qui nascono bugie e ipocrisia.
Nel primo caso c’è chi sostiene che un arbitro può, di fronte a comportamenti simili, sospendere la partita, eccezione che trova l’applicabilità attraverso il regolamento, dimenticando, però, che la giacchetta nera può solamente proporre al responsabile dell’ordine pubblico dello stadio che il match venga sospeso, altresì è soltanto quest’ultimo che può dare corso alla proposta dell’arbitro, applicando la circolare del Ministero dell’Interno successiva alla norma federale.
Del secondo ne siamo circondati: perbenisti che popolano trasmissioni televisive puntando il dito contro gli ululati e poi fanno spallucce di fronte agli esecutori materiali di striscioni che si prendono gioco della morte altrui.
Queste miserabili storie potrebbero essere una pagina solo grottesca, se, invece, non fosse la dimostrazione di quanto si sia smarrito il senso della civiltà e delle istituzioni.
Ma c’è una cosa che mi colpisce più di ogni altra. Il disagio di chi continua, da appassionato, a voler far parte di questo mondo, esternando la propria riluttanza di fronte a persone che un giorno vedono, sentono e parlano e l’altro si immedesimano in “mizaru”, “kikazaru” e “iwazaru”, disgustato dal doppiopesismo, e si ritrova circondato da politicanti, giudici, delinquenti da stadio e l’incapacità istituzionale di far rispettare le regole. E ora si domanda: sarò diventato razzista? No, sei solo uno a cui hanno raccontato un sacco di balle, dividendo il calcio in buoni e cattivi, e ora i conti non gli tornano più.

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