«Arrivederci e buona estate…». Con questa frase di uno dei giudici a latere si è chiusa l’ultima udienza del processo “Ambrosino Marcello e altri”.
L’ultima è stata un’udienza di transizione: la riammissione delle parti civili ad opera della Cassazione ha reso obbligatorio il rinvio in attesa di conoscere le motivazioni con le quali la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza di esclusione delle parti.
Inutile sottolineare che il pronunciamento dei giudici di legittimità è stato presentato come una prima significativa censura per l’operato del presidente del collegio giudicante.
Che Teresa Casoria sia, volenti o nolenti, uno dei “personaggi” del processo a calciopoli è un fatto ormai acquisito. I pm in più di un’occasione hanno mostrato insofferenza verso il presidente della corte e qualche volta anche prevenzione. Come quando Narducci, rivolto al suo neo-collega della pubblica accusa, ha lasciato che i microfoni captassero: «speriamo che “questa” non sia troppo incazzata, sennò oggi non si fa niente». Lasciando intendere che per lui la bontà dell’impianto accusatorio fosse pregiudicata dalla buona o cattiva disposizione del giudice.
Nei giorni immediatamente successivi al 30 luglio, si è potuto finalmente parlare di ricusazione. Sì, perché Teresa Casoria, al di là del suo fare alquanto folkloristico, ha il merito o la colpa di valutare la sostanza di quanto prodotto in tribunale e di non essersi fatta ammaliare dalle testimonianze proposte dai pm. Anzi!
Abbiamo dunque assistito in questi mesi ad un malcelato fastidio verso il giudice. E proprio l’apparente impermeabilità ai desideri forcaioli delle piazze ha fatto di Teresa Casoria un personaggio simpatico alla maggior parte di noi.
Idolo non sarà mai, né dovrà mai diventarlo. Un giudice, chiunque egli sia, non dovrà mai avere le curve che lo incitano in questa o quella direzione. Deve essere imparziale, appunto. Solo il diritto deve essergli da guida nel giudizio.
La circostanza che in più occasioni Teresa Casoria abbia sottolineato lo spessore del processo a Moggi non deve essere motivo di osanna per lei.
Troppi cecchini sono pronti a sparare contro un giudice che ha detto di avere da seguire “anche i processi seri”. I professionisti della notizia sono già sui blocchi di partenza, pronti ad indicare in Teresa Casoria il vulnus del processo a calciopoli.
Colpa dei giudici se Narducci, in coppia con Beatrice prima e Capuano poi, abbia proposto solo testi d’accusa che hanno fatto la gioia delle difese.
Il processo finora non ha offerto motivi di soddisfazione per i l’accusa, tranne la riammissione delle parti civili. Ma se consideriamo le evidenze emerse dal dibattimento, le difese non possono lamentarsi.
Le stesse parti civili sono contente di essere state riammesse. Da quanto appurato fin qui, mi chiedo quali utilità possano ricavare da questo processo. Tanto basta comunque per far rialzare la cresta a quanti identificano la giustizia con la forca.
Abbiamo già capito che se Moggi non sarà condannato, la colpa sarà esclusivamente della signora giudice che non s’è mostrata imparziale e capace di capire il lavoro “dei valorosissimi pubblici ministeri” (Avv. Federico Vigoriti), non certo della inconsistenza delle accuse e della ridicolaggine dei testi portati dall’accusa.
Intanto chi ha deciso che Teresa Casoria possa ancora essere un giudice terzo ed imparziale è la Suprema Corte di Cassazione, che ha rigettato l’istanza di ricusazione avanzata dalle parti civili riammesse.
Si va avanti con la “signora giudice”, dunque, e se ci soffermeremo ancora sui siparietti che ci offrirà il dibattimento piuttosto che sul lavoro dei due “valorosissimi”, sarà forse perché di valoroso c’è poco o nulla?
Agli avvocati delle parti civili lasciamo le stantie dispute sull’economia processuale.
L’ultima è stata un’udienza di transizione: la riammissione delle parti civili ad opera della Cassazione ha reso obbligatorio il rinvio in attesa di conoscere le motivazioni con le quali la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza di esclusione delle parti.
Inutile sottolineare che il pronunciamento dei giudici di legittimità è stato presentato come una prima significativa censura per l’operato del presidente del collegio giudicante.
Che Teresa Casoria sia, volenti o nolenti, uno dei “personaggi” del processo a calciopoli è un fatto ormai acquisito. I pm in più di un’occasione hanno mostrato insofferenza verso il presidente della corte e qualche volta anche prevenzione. Come quando Narducci, rivolto al suo neo-collega della pubblica accusa, ha lasciato che i microfoni captassero: «speriamo che “questa” non sia troppo incazzata, sennò oggi non si fa niente». Lasciando intendere che per lui la bontà dell’impianto accusatorio fosse pregiudicata dalla buona o cattiva disposizione del giudice.
Nei giorni immediatamente successivi al 30 luglio, si è potuto finalmente parlare di ricusazione. Sì, perché Teresa Casoria, al di là del suo fare alquanto folkloristico, ha il merito o la colpa di valutare la sostanza di quanto prodotto in tribunale e di non essersi fatta ammaliare dalle testimonianze proposte dai pm. Anzi!
Abbiamo dunque assistito in questi mesi ad un malcelato fastidio verso il giudice. E proprio l’apparente impermeabilità ai desideri forcaioli delle piazze ha fatto di Teresa Casoria un personaggio simpatico alla maggior parte di noi.
Idolo non sarà mai, né dovrà mai diventarlo. Un giudice, chiunque egli sia, non dovrà mai avere le curve che lo incitano in questa o quella direzione. Deve essere imparziale, appunto. Solo il diritto deve essergli da guida nel giudizio.
La circostanza che in più occasioni Teresa Casoria abbia sottolineato lo spessore del processo a Moggi non deve essere motivo di osanna per lei.
Troppi cecchini sono pronti a sparare contro un giudice che ha detto di avere da seguire “anche i processi seri”. I professionisti della notizia sono già sui blocchi di partenza, pronti ad indicare in Teresa Casoria il vulnus del processo a calciopoli.
Colpa dei giudici se Narducci, in coppia con Beatrice prima e Capuano poi, abbia proposto solo testi d’accusa che hanno fatto la gioia delle difese.
Il processo finora non ha offerto motivi di soddisfazione per i l’accusa, tranne la riammissione delle parti civili. Ma se consideriamo le evidenze emerse dal dibattimento, le difese non possono lamentarsi.
Le stesse parti civili sono contente di essere state riammesse. Da quanto appurato fin qui, mi chiedo quali utilità possano ricavare da questo processo. Tanto basta comunque per far rialzare la cresta a quanti identificano la giustizia con la forca.
Abbiamo già capito che se Moggi non sarà condannato, la colpa sarà esclusivamente della signora giudice che non s’è mostrata imparziale e capace di capire il lavoro “dei valorosissimi pubblici ministeri” (Avv. Federico Vigoriti), non certo della inconsistenza delle accuse e della ridicolaggine dei testi portati dall’accusa.
Intanto chi ha deciso che Teresa Casoria possa ancora essere un giudice terzo ed imparziale è la Suprema Corte di Cassazione, che ha rigettato l’istanza di ricusazione avanzata dalle parti civili riammesse.
Si va avanti con la “signora giudice”, dunque, e se ci soffermeremo ancora sui siparietti che ci offrirà il dibattimento piuttosto che sul lavoro dei due “valorosissimi”, sarà forse perché di valoroso c’è poco o nulla?
Agli avvocati delle parti civili lasciamo le stantie dispute sull’economia processuale.
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