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domenica 29 novembre 2009

LA WAR TAX

Barack Obama – dopo qualche tentennamento, nove seminari interni alla Casa Bianca e una controproducente delegittimazione del presidente Hamid Karzai – ha deciso di adottare sull’Afghanistan la stessa strategia che alla fine del 2006, d’istinto e contro il parere dell’establishment di politica estera di Washington, George W. Bush aveva scelto per rimettere a posto la situazione in Iraq.
Martedì, all’Accademia militare di West Point, Obama fornirà i dettagli del suo piano, ma pare certo che darà al generale Stanley McChrystal più o meno il numero dei soldati richiesti per provare a sconfiggere l’offensiva talebana e spazzare via al Qaida.
Il problema di Obama, ora, è quello di convincere il suo partito a finanziare la missione, la sua base elettorale ad accettare un’escalation militare di stampo bushiano e la comunità internazionale che dal Nobel per la Pace si aspettava un ridimensionamento delle attività belliche americane. Il discorso di West Point e quello di Oslo del 10 dicembre, quando Obama ritirerà il Nobel, serviranno ad ammaliare i sostenitori interni ed esteri. Più difficile, invece, la sfida all’interno del Congresso per ottenere i soldi necessari alla missione. In soccorso di Obama arriveranno i voti dei repubblicani, ma il presidente dovrà affrontare le contromosse dei leader del suo stesso partito, a cominciare dalla speaker della Camera Nancy Pelosi, che qualche mese fa aveva chiesto al gruppo di deputati più liberal di approvare, “per l’ultima volta”, la richiesta da 100 miliardi di dollari di Obama per le guerre in Iraq e Afghanistan. Il Congresso stima che ciascun nuovo soldato inviato in Afghanistan costi poco meno di un milione di dollari l’anno. Per evitare che i 34 miliardi di dollari necessari diventino una scusa per fermare la riforma sanitaria e altro, i democratici hanno proposto di imporre una nuova tassa, la war tax. L’idea di per sé non è sbagliata, anche se proposta ipocritamente da chi vorrebbe ritirarsi. La guerra è una cosa seria, non è un punto programmatico, non è un’alternativa a un programma sociale. Un modo per finanziarla va trovato.

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