La rabbiosa reazione di Teheran dà perfettamente il segno di come il viaggio di Silvio Berlusconi sia stato un successo, sia per i tempi scelti che per i contenuti. La televisione di Stato iraniana infatti ha attaccato Berlusconi in modo frontale e addirittura offensivo: “Dopo aver rilasciato dichiarazioni decisamente discutibili sull’Iran il premier italiano è arrivato a dire che la guerra contro Gaza fu giusta, calpestando così i cadaveri di 1.400civili palestinesi uccisi l'anno scorso da Israele durante tre settimane di folli bombardamenti. E durante il discorso nella Knesset ha completato la serie di servigi fatti ai padroni israeliani, rivolgendo all’Iran tutte le accuse possibili, a partire da quella di voler sviluppare armi nucleari”. Obbiettivo centrato, dunque: il regime degli ayatollah ha colto in pieno il successo della missione, lungamente preparata dalla Farnesina diretta da un Franco Frattini che ha dimostrato di saper perfettamente cogliere il momento giusto per effettuarla. La crisi israelo palestinese si sta avvitando su sé stessa, non solo per le difficoltà dell’accordo, non solo perché Abu Mazen non è un interlocutore credibile, perché non rappresenta né Hamas, né Gaza (quindi metà della Palestina), ma anche perché Barak Obama, dopo aver annunciato al mondo un suo coinvolgimento totale, se ne sta interessando in modo clamoroso (e inquietante). Perfidamente, il presidente siriano Beshar al Assad, che pure Obama ha sempre detto essere un interlocutore strategico per la soluzione della crisi, si è addirittura permesso di dargli del confusionario assenteista: “Non abbiamo ancora ricevuto dall’amministrazione Obama una chiara idea di quello che veramente vuole che succeda in Medio Oriente”. Berlusconi, invece –nell’abituale silenzio dell’Europa- ha detto chiaramente cosa vorrebbe che succedesse. Innanzitutto che Israele sia difesa dalle minacce di distruzione da parte del regime iraniano che ha esplicitamente paragonato a quello hitleriano. Poi, ha fatto sì che l’Italia sia ora il paese europeo più credibile sia nei confronti di Israele, che dei palestinesi di Abu Mazen (là dove il governo Prodi si era pericolosamente sbilanciato in pesanti critiche a Israele). A Israele, ha offerto la netta dissociazione da tanta parte dell’Europa, Francia inclusa, che aveva preso le distanze dalla guerra di Gaza, riconoscendola come “guerra giusta”. Poi, e forse innanzitutto, ha riconosciuto la Stato ebraico come parte integrante dell’Europa, non ancora quella politica, ma quella ancora più importante, figlia del patrimonio culturale giudaico-cristiano. Ad Abu Mazen ha offerto pietà per i morti palestinesi di Gaza e soprattutto la ferma richiesta a Nethanyhau –che sul punto è gelido- di un congelamento degli insediamenti in Cisgiordania. In conclusione, ha mostrato dal più caldo palcoscenico del mondo, che il suo governo non affonda nella melina che paralizza l’Ue e che l’Italia può, a buona ragione, essere l’unica nazione europea, in cui avviare colloqui di pace tra israeliani e palestinesi, con loro piena fiducia .
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