Barack Obama stupisce ogni giorno di più. Non tanto chi ha seguito la sua traiettoria politica con attenzione, senza pregiudizi e senza infatuazioni, ma soprattutto chi pensava di aver individuato nel presidente super cool l’uomo della provvidenza, l’unico capace di cancellare l’onta globale delle vergognose politiche di George W. Bush. Obama li delude ogni giorno. Non ha ritirato ancora un soldato dall’Iraq e, quando lo farà, agirà secondo un accordo siglato da Bush e dal governo iracheno sulla base del successo di una strategia, il surge, osteggiata da Obama e dalla sua base. In Afghanistan ha triplicato il numero delle truppe, mentre in Pakistan, Yemen e Somalia ha intensificato i bombardamenti. I sequestri clandestini e gli omicidi mirati operati dalla Cia non sono mai terminati. Guantanamo è ancora aperto e, nonostante le promesse, non chiuderà ancora per un anno, ammesso che chiuderà mai. La gran parte dei detenuti resterà in carcere senza processo e a tempo indeterminato, mentre gli altri saranno giudicati dalle commissioni militari ideate da Bush. L’idea di processare a New York, a pochi isolati da Ground zero, l’architetto degli attacchi dell’11 settembre è stata ritirata precipitosamente. Il bilancio del Pentagono, nonostante il Nobel per la pace, non è mai stato così rigoglioso. L’elenco diventa ogni giorno più lungo e nel weekend ne sono capitate altre tre: il presidente non parteciperà al vertice Europa-America, snobbando la vecchia Europa come neanche Donald Rumsfeld; ha inviato navi da guerra nel golfo persico e installato missili antiiraniani in medio oriente; e, soprattutto, si è scoperto che il suo dipartimento della Giustizia ha esonerato da ogni responsabilità etica e penale John Yoo e Jay Bybee, gli autori dei famigerati “memo della tortura” preparati dall’Amministrazione Bush. L’establisment americano è succube della destra più radicale, hanno tuonato i più delusi tra i commentatori di sinistra. Sbagliano anche questa volta: Obama non è prigioniero delle politiche di Bush e Cheney. E’ il presidente degli Stati Uniti d’America, non può essere succube del comitato del Nobel.
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