"Dopo la vittoria della Spagna al Mondiale di calcio in Sudafrica, tutti parlano del modello iberico, ma l'Italia non è da meno e non deve copiare niente da nessuno. La Spagna è nostra amica e ha conseguito una bella vittoria. Mi piace il loro modello nel calcio ma io mi tengo il sistema italiano nel suo complesso".
Con queste parole Petrucci esalta il “sistema italiano nel suo complesso”.
Non possiamo meravigliarci, è il classico atteggiamento di chi non si prodiga per far crescere lo sport che rappresenta, ma di chi continua a mantenerlo nel limbo.
E’ chiaro, forse fin troppo oggi, che se l’obiettivo era quello di un salto di qualità, inteso come crescita globale del movimento sportivo, Petrucci, Abete e tutta la politica "pallonara", hanno clamorosamente fallito, perché oltre alla mancanza di risultati sul campo, e di una politica credibile, hanno retrocesso tutto il movimento sportivo in serie B, con la Juventus.
Per farlo hanno usato il giustizialismo, quello per cui le leggi e i regolamenti possono essere dribblati, usando l'applicabilità per i "nemici" e l'interpretabilità per gli "amici", assicurandosi protezione e mantenimento delle cariche.
Parliamoci chiaramente: chi fallisce dovrebbe pagare. Invece in Italia non è successo, e non succede, perché a tutti va bene questo “doppiopesismo” , in cui è possibile iscriversi al campionato pur non avendo i requisiti, in cui si è giudicati solo se il procuratore si ricorda di aprire qualche cassetto e dove per eliminare un avversario si può anche creare “calciopoli” e darla in pasto al popolino. E chi dovrebbe vigilare si adegua, pensa al proprio tornaconto e continua la politica di sempre, anche se è risultata fallimentare.
Gianni Petrucci ha deciso di schierarsi dalla parte di Abete, confida nel “buonsenso della Lega di A”, invitando tutti a non “pensare al risultato” . E’ sorprendente che nello sport non si debba pensare al risultato, ma è un ulteriore sintomo di quali valori si fanno promotori questi esimi rappresentanti italiani.
Che non avessero a cuore l’anima dello sport e la competizione era chiaro. Negli ultimi quattro anni hanno ammazzato la “sfida” rendendo il campionato italiano anonimo, scontato e senza interesse.
Tornando al tema d’apertura: perché imitare la Spagna? Vince con una nazionale di giovani, porta nella finale di Johannesburg il blocco della squadra più vincente degli ultimi tre anni, conquista Europeo e Mondiale, ha stadi moderni e civili, vive lo sport in modo costruttivo; ricordiamo tutti la standing ovation a Del Piero al Bernabeu, o la maglietta di Iniesta al recente mondiale.
D’altra parte i nostri “giovani” cercano fortuna all’estero, al massimo possono essere scambiati e usati per gonfiare qualche plusvalenza da bilancio, i nostri stadi sono l'esempio vivente, e materiale, del pressapochismo, e il messaggio che passa a reti unificate è quello di un “onesto” presidente che per vincere ha dovuto aspettare il retrocedere di un’intera nazione.
E a braccetto, tutti insieme si applaudono pure, fingendo che la loro mediocrità non sia così visibile, avallata dalla carta stampata.
E mentre ci sono sistemi che nel loro complesso danno continuità, da noi un intero movimento si esalta al mantenimento dello stato comatoso.
GLMDJ
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