A certi persistenti e consunti riti, i media della Penisola ogni volta danno ampio risalto come se li prendessero sul serio, mentre si tratta di vere e proprie sceneggiate che dovrebbero provocare solo risa oppure sbadigli. Mi limiterò a dare due soli esempi di questi periodici riti o meglio “sceneggiate”. La prima è lo scontatissimo “inasprimento delle pene” (varianti semantiche: “stretta”, “giro di vite”, “pene più severe”, “tolleranza zero”). L’annuncio ufficiale riguarda ogni volta una serie di norme annunciate come “molto più severe” e in virtù delle quali ormai tutto cambierà in Italia.
“Codice della strada: inasprimenti di pena” hanno annunciato di recente i media. Anzi riannunciato, perché vi erano stati già inasprimenti, anzi “tolleranze zero”, nel passato. In un paese in cui sono stuoli, soprattutto nel Sud, coloro che non compiono il gesto elementare di guidare con la cintura di sicurezza allacciata, non c’è da stupirsi che questi periodici giri di vite “autostradali” - inasprimenti, norme più severe, e chi più ne ha più ne metta - siano destinati a restare lettera morta, come la cintura che resta spesso slacciata e di cui ormai nessuno si occupa più. I comportamenti degli utenti della strada non cambieranno anche perché non cambieranno i comportamenti degli addetti alle verifiche, ai controlli, alle sanzioni, i quali continueranno a fare quello che hanno sempre fatto, vale a dire molto poco o addirittura niente.
Di tutto ciò si rende conto anche un ingenuo turista straniero percorrendo migliaia di chilometri sulle strade italiane e notando con meraviglia il vuoto di controlli, l’assenza di verifiche, la mancanza d’interventi diretti a far rispettare le norme stradali. Il segnale di stop, ad esempio, quasi nessuno lo osserva, mentre i limiti di velocità sono considerati più un consiglio fraterno che un divieto. Eppure i media e il pubblico italiani sembrano prendere ogni volta sul serio, almeno a giudicare dal gran parlare che ne fanno, il periodico annuncio dell’inasprimento delle pene previste dal codice della strada.
Come spiegare questo fenomeno? Alla base di tutto vi è la confusione che nella penisola si fa tra la tra realtà burocratica, normativa, e la realtà effettuale, empirica. Detto brutalmente: In Italia si tende a confondere le chiacchiere con i fatti. Perché - la cosa dovrebbe essere ormai chiara per tutti - di pure chiacchiere si tratta.
La seconda ricorrente sceneggiata è la “riapertura” e la “svolta” delle indagini. Su cosa? Su un omicidio, un attentato, un grave fatto criminoso di un lontano passato: omicidio di Simonetta Cesaroni, morte di Pasolini, mostro di Firenze, scomparsa di Denise Pipitone, delitto dell’Olgiata, etc. Per non parlare delle stragi: Piazza Fontana, Italicus, Ustica, Bologna...
L’importante, per gli inquirenti, è ricominciare (ma solo su casi celebri, altrimenti ci si astiene). Si rifanno allora per l’ennesima volta le indagini, si interrogano i testi già interrogati (quelli ancora vivi), si riesumano nuovi, anzi vecchi cadaveri, si dispongono nuove autopsie, nuovi rilievi, nuovi accertamenti, nuovi riscontri: è il “nuovo filone d’indagini”. Ed è soprattutto nuovo - e “filone” - il magistrato che dà fiato alle trombe della fatidica “svolta”, smanioso di esibirsi sotto le luci della ribalta e ansioso di dire la sua, ai giornalisti, alla radio e soprattutto in TV, la rumorosa stanza dei giochi del narcisismo-esibizionistico italiano.
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