..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 3 settembre 2010

IRAQ E CRISI

«Alla domanda se l’Iraq stia meglio adesso rispetto ai tempi di Saddam c’è una sola risposta sensata: Naturalmente»
Dall’autobiografia di Tony Blair "A Journey"
Il Wall Street Journal, invece, riporta alcuni passi del libro dedicati alla crisi finanziaria che ha contribuito prima a una straordinaria risalita di Gordon Brown nei sondaggi (sembrava “un keynesiano al posto giusto e al momento giusto”) e poi invece alla sua sconfitta elettorale.
Vale la pena di riportarli anche in questa sede. In primo luogo, scrive l’ex primo ministro, “non ha fallito il mercato., ha fallito una parte del settore”. Ma anche lo Stato “ha fallito. Le normative hanno fallito. I politici hanno fallito. La politica monetaria ha fallito. Indebitarsi era diventato eccessivamente conveniente. Ma non si è trattato di un complotto delle banche, è stata una conseguenza della confluenza (apparentemente fortunata) di una politica monetaria troppo facile e della bassa inflazione”.

Blair ha una visione piuttosto disincantata anche della “Obamanomics” neokeynesiana. “In ultima analisi, la ripresa non verrà stimolata dai governi, bensì dalle attività economiche, dalle imprese e dalla creatività, dall’ingegnosità e dall’intraprendenza degli individui. Se i provvedimenti che adotteremo per rispondere alla crisi diminuiranno i loro incentivi, soffocheranno la loro imprenditorialità, indeboliranno il clima di fiducia in cui esis operano, la ripresa diventerà estremamente incerta”. Una formula elegante per non sconfessare in maniera eccessivamente plateale i compagni di partiti, eppure porre in controluce l’interrogativo di Pietro Monsurrò: “Ma esiste uno straccio di prova che gli stimoli fiscali servano a qualcosa?”.
La cosa più interessante dell’articolo del WSJ è però un’altra citazione, dalla quale sembrerebbe emergere che la lettura della crisi di Blair non si allontana troppo da quella spiegata molto bene da Jeffrey Friedman nella sua introduzione alla special issue di Critical Review sulla crisi. Per Friedman (e per Arnold Kling, vedasi il suo Unchecked and Unbalanced), la crisi non è stata dovuta a un “fallimento del mercato” quanto piuttosto a un “fallimento cognitivo” dei diversi attori in gioco, attori di mercato ma anche (forse soprattutto) regolatori.
Senza la raffinatezza intellettuale di Friedman, Blair scrive..

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