..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

lunedì 11 ottobre 2010

COVER RIUSCITE

Uno degli aspetti meravigliosi della musica è il poter "scambiare" ogni tipo di ascolto con le persone, amanti a loro volta delle sette note. Stamane sulle pagine di Camillo mi si è aperto un mondo. Peter Gabriel è uscito con Scratch my back, raccolta di canzoni rock dei Radiohead e dei Talking Heads, di Bon Iver e di Paul Simon, di David Bowie e di Lou Reed. Non ci sono strumenti rock, ma archi e fiati. Le canzoni sembrano di Peter Gabriel, del Peter Gabriel vero, non quello stanco degli ultimi tempi. Il progetto è proseguito con gli autori originali che hanno ricambiato il favore, cimentandosi con i brani dell’ex leader dei Genesis (belle Come talk to me rifatta da Bon Iver e I don’t remember in versione Talking Heads).
Bettie LaVette, regina del soul, con Interpretations ha affrontato con coraggio i Pink Floyd (Wish you were here), i Led Zeppelin (All my love), i Traffic (No time to live) e George Harrison (Isn’t It A Pity).
E poi ancora Antony & the Johnson. Il loro nuovo disco sta per uscire, ma è stato anticipato da un mini ellepì che si intitola Thank you for your love. A parte la canzone che dà il titolo all’album, e un paio di altre gemme, al cantante transgender riesce una doppia capriola carpiata. Canta la canzone più uncoverable della storia, Imagine di John Lennon. E ci riesce, con un inquietante sottofondo di treno della periferia americana. In natura non c’è nulla di più distante della sua voce celestiale dalla raucedine di Bob Dylan. Eppure ascoltate Pressing on (oppure la Knockin’ On Heaven’s Door del film I’m not there). Sembrano altre canzoni, nuove, sorprendenti, vitali.

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