..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

mercoledì 9 marzo 2011

REPORT: BARCELONA 3-1 ARSENAL

Quando a due minuti dalla fine Jack ha messo quel pallone in mezzo il cuore ha smesso di battere, il respiro non c'era più, e per un attimo la mia mente è volata via, nel tempo, a pensare cosa avrei raccontato a quei nipotini che un giorno sarebbero saliti sulle mie ginocchia, a renderli partecipi di una serata di fine inverno in cui un gruppo di ragazzi con la maglia gialla s'erano resi autori di un'impresa, narrando il destro sul primo palo con cui Nicklas aveva ammutolito i novanta mila del Nou Camp. Purtroppo non è andata così, maledettamente quel controllo della sfera non ha permesso a B52 di sferrare il definitivo ko, il gol che avrebbe portato i Gunners ai quarti di finale di Champions League.
Il Barcelona è una grande, grandissima squadra, che nel computo tra andata e ritorno ha meritato di passare il turno. Meritato perché ha nella sua filosofia l'essenza del football: pensare a superare l'avversario di turno con il gioco, con le trame, con gli inserimenti, con il possesso, con i colpi di classe dei suoi elementi più rappresentativi. Lo stesso Arséne, a fine gara, s'è complimentato con gli uomini di Guardiola, definendo il Barça una squadra eccezionale, con l'augurio (sincero) di proseguire nel torneo più prestigioso del continente.
Il match, come nel turno di andata, ha visto Xavi e compagni impossessarsi fin dai primi minuti della sfera, facendola girare da destra a sinistra con una semplicità disarmante, ma a differenza del primo tempo della serata londinese, hanno trovato un Arsenal compatto, concentrato, che per quarantotto minuti non ha permesso a nessuno dei blaugrana di andare ad una facile conclusione. I ragazzi hanno giocato senza paura, tenendo altissima la linea dei quattro e inaridendo la zona centrale del centrocampo, che ha mandato in confusione i playmaker del Barça, costringendoli ad una fitta, ma inconsistente, trama di passaggi.
Nasri e Rosiscky hanno bloccato le fasce, rendendo sterili Dani Alves a destra e Adriano a sinistra, Wilshere, Fabregas e Diaby hanno occupato quella zona di campo dove Xavi e Iniesta sono soliti dominare, portandoli spesso fuori posizione per cercare di lavorare qualche pallone pulito, Koscielny e Djourou hanno chiuso tutti i varchi centrali, portando Messi ad essere un corpo estraneo per tutto il primo tempo, Sagna e Clichy hanno costretto Villa a girovagare per il campo, con il solo Pedro a risultare, anche se poco concreto, il più pericoloso negli inserimenti senza palla. Inevitabilmente ne ha sofferto la manovra di ripartenza, con il solo van Persie a fare a sportellate con Busquets e Abidal, senza trovare l'appoggio degli esterni. Ma la tattica di Arséne (e che non mi si venga più a dire che l'alsaziano non capisce di calcio) aveva portato gli spagnoli ad un dispendio enorme di energie rendendoli mai pericolosi in zona gol. Poi l'errore, fatto da chi meno te l'aspetti, a soli due minuti dal termine del primo tempo: un colpo di tacco di Fabregas in zona proibita ha permesso ad Iniesta di impossessarsi della sfera e di lanciare, mentre la difesa stava risalendo, Messi, che con un colpo di magia ha prima scavalcato Almunia (subentrato dopo appena diciotto minuti a Szczesny, uscito per una lussazione al dito della mano destra) e poi scaraventato in rete il pallone dell'1-0, il gol qualificazione. In termini morali: un colpo che avrebbe steso un toro. Il Nou Camp è esploso in un grido di gioia, Guardiola, come non mai, ha esternato la felicità per aver sbloccato una partita che per i suoi si stava facendo a dir poco complicata. Dopo i canonici quindici minuti di intervallo, le squadre rientravano in campo con le formazioni invariate, ma qualcosa era cambiato, qualcosa dava la sensazione che si sarebbe assistito (inevitabilmente) ad un secondo tempo completamente diverso. La tattica di Wenger aveva portato i frutti sperati, con un Barcelona che rifiatava dopo lo sforzo profuso nel primo tempo e i Gunners che, gioco-forza, alzavano il baricentro, portando Rosicky e Nasri ad occupare, sugli esterni, una zona più alta di campo. E proprio da una giocata del talento francese nasceva il calcio d'angolo con cui si ristabiliva la parità: palla in mezzo dalla bandierina alla destra di Valdes e Busquets incornava nella porta sbagliata. Al Nou Camp scendeva il gelo, accompagnato dall'urlo dei cinquemila Gooners volati alla volta di Barcellona. Il match era cambiato. Il Barcelona aveva come d'incanto perso tranquillità, mentre i ragazzi ne avevano acquisita in quantità industriale. Nonostante questo era proprio il Barça, pochi istanti dopo, a creare l'occasione per riportarsi in vantaggio, ma uno strepitoso Almunia diceva di no. Ma era un fuoco di paglia, confermato pochi istanti dopo, quando Fabregas lanciava nello spazio van Persie che si trovava a tu per tu con Valdes, ma l'azione veniva fermata per un presunto fuorigioco. E qui, con ancora quaranta minuti di gioco da affrontare, l'episodio che cambiava definitivamente il match: il signor Massimo Busacca ammoniva per la seconda volta il numero dieci olandese, reo di aver calciato il pallone verso la porta blaugrana. A nulla è servita la protesta del talento di Rotterdam, che lamentava palesemente di non aver sentito il fischio arbitrale. Ora, non amo lamentarmi delle direzioni arbitrali, e nemmeno lo farò, ma la domanda che mi sorge spontanea è la seguente: si può rovinare una gara comunque corretta e giocata da entrambe le parti con rispetto, causando un'espulsione (determinante) per un semplice pallone calciato? Si può lasciare una squadra in dieci uomini, non per un fallo, non per una protesta, e men che meno per un gesto antisportivo, ma solo ed esclusivamente per aver continuato un'azione di gioco? No! Non si può, non si dovrebbe, invece è stato fatto, consegnando di fatto la vittoria al Barcelona, proprio nel momento in cui l'inerzia della gara s'era spostata a favore dei ragazzi di Wenger.
In quel preciso istante il Barça ha ritrovato tranquillità, mentre i nostri hanno perso l'unico punto di riferimento offensivo, in quel momento, pur con la qualificazione che premiava i Gunners, il Barcelona ha avuto il merito di crederci, ai nostri non rimaneva altro che serrare le fila e provare a resistere, fino alla fine. Per settanta minuti netti di gioco l'Arsenal ha avuto la qualificazione in mano, poi uno splendido gol di Xavi e un penalty di Messi hanno ribaltato l'esito, grazie alla scellerata decisione di un direttore di gioco che ha falsato in maniera determinante le carte in tavola.
Niente scuse, niente alibi, quando si perde, quando si viene eliminati è sempre giusto complimentarsi con chi è riuscito a segnare un gol in più, con chi, come e solo in questo caso, ha dimostrato di saper mettere nel rettangolo verde la voglia di superare l'avversario con il gioco, con le giocate dei singoli, con quella straordinaria capacità di usare il ferro del mestiere. Così però fa male, così s'è tolta ogni possibilità di qualificazione ad una squadra che aveva avuto il merito di invertire il trend, segnando il gol del pareggio e mettendosi nelle condizioni, chiare ed evidenti, di poter trovare quel secondo gol che avrebbe di fatto chiuso i giochi.
Tra qualche anno, quando i nipoti siederanno sopra le mie ginocchia, con orgoglio e commozione gli racconterò che nella giornata della donna in Italia, il pancake day nel resto del mondo, quarantuno giorni prima della Pasqua, diciannove piccoli eroi vestiti con una maglia gialla e guidati da un uomo unico, andarono in una serata di fine inverno nella casa dei maghi del gioco della palla rotonda sfiorando l'impresa, e seppur eliminati dalla competizione con le grandi orecchie, uscirono da quel rettangolo verde a testa alta, consapevoli di aver messo paura ad una delle squadre più forti di tutti i tempi.

2 commenti:

hotspur1882 ha detto...

....pensare che qualche settimana prima Gattuso per molto peggio era rimasto in campo....e ieri RVP è stato esplulso....mah...

Anonimo ha detto...

tutto molto giusto, specie lo spirito e grazie per essere di sostegno nel morale, alla faccia dei pessimisti cronici.