Abbiamo una Costituzione in coma, che poi questo sia indotto o etilico poco importa visto che la causa proviene da coloro che ne hanno protratto e sviato la riforma, intossicati una volta dai fumi dell'alcol e un'altra proteggendo le non idee. Oggi si procede senza alcun disegno coerente, ma con l'accordo sulla necessità di riformarla, con il serio rischio di scassarla e lasciare al Governo l'opera di disfacimento, dimenticando (forse) che le riforme costituzionali sarebbero materia parlamentare. Ma il Colle spinge, come se fossimo già in regime semipresidenziale.
Per non farci mancare nulla abbiamo anche un ministro adibito alle riforme e ben 35 saggi (vanno di moda, perché mai non indossarli) con altrettante idee diverse che nella giornata di ieri si sono recati al Quirinale per l'apposita cerimonia, naturalmente pungolati da colui che dava per certo il soggiorno nei mari del Sud. Il primo si scontra direttamente con una domanda: da quando in qua la Costituzione è questione da amministrare? I secondi faranno la fine di coloro che procederanno a spizzichi e bocconi, adagiandosi nel pensatoio del nulla.
Procedendo di questo passo si arriverà a togliere solennità alla Costituzione, giustificandone le continue violazioni e non prendendo in esame l'unico sistema che sgonfierebbe l'esito infausto: dare la parola al popolo.
Purtroppo nel nostro sistema i referendum costituzionali si fanno dopo le riforme, meraviglioso atto per impedirle, mentre quelli abrogativi si usano ad uso e consumo di chi ne trae giovamento. Abbiamo una classe politica intossicata, assente in idee e programmi, situazione ideale per porre rimedio convocando un referendum d'indirizzo, quello che porterebbe un risultato impossibile da ignorare. Lo si farà? Le scommesse sono aperte.
La commedia è già in atto. Bisognerebbe riscrivere l'equilibrio tra i poteri, ripartendo da punti certi e sicuri su cui muoversi, invece a giorni alterni s'incespica sulle priorità: il lavoro, i giovani, l'economia. E tra una rissa sul marginale, la proroga del rinvio e il rinvio della proroga si indica quel che si dovrebbe fare e alla fine, invece, non si fa.