..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

lunedì 21 ottobre 2019

Dalla piazza del centrodestra alla Leopolda il messaggio è unanime: Tutti non sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche

Nella prefazione di «Non pensare all'elefante!» (George Lakoff, Chiarelettere), Gianrico Carofiglio espone un'articolata metafora dell'autore per proporre un modo alternativo di pensare alle tasse e al doverle pagare. Alternativo alla vulgata metaforica delle destre di tutto il mondo che parlano delle tasse come di un furto dello Stato e non come l'adempimento di un obbligo di solidarietà: "Pagare le tasse significa fare il proprio dovere, versare la quota di iscrizione per vivere nel proprio paese. Se ci iscriviamo a un club o a un circolo qualsiasi paghiamo una quota di iscrizione. Perché? Perché non siamo stati noi a costruire la piscina. E dobbiamo pagarne la manutenzione. Non abbiamo costruito noi il campo da tennis. E qualcuno deve pulirlo. Forse non usiamo il campo da squash, ma comunque dobbiamo pagare la nostra parte. Altrimenti nessuno farà la manutenzione e il circolo andrà in rovina. Quelli che evadono le tasse non pagano quello che devono al loro paese. Chi paga le tasse è un patriota. Chi le evade e manda in rovina il suo paese è un traditore"

Nel 2007, durante un'intervista televisiva a Lucia Annunziata nel programma di Rai3 «1/2 ora», l'allora Ministro dell'economia e delle finanze del secondo governo Prodi, Tommaso Padoa-Schioppa dichiarò che "le tasse sono una cosa bellissima, un modo civilissimo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili quali istruzione, sicurezza, ambiente e salute", aggiungendo che "ci può essere insoddisfazione sulla qualità dei servizi che si ricevono in cambio, ma non un'opposizione di principio sul fatto che le tasse esistono e che si debbano pagare"

Il 27 dicembre 1947, l'allora Capo dello Stato Enrico De Nicola, insieme ad Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, Francesco Cosentino, funzionario, Giuseppe Grassi, guardasigilli, e Umberto Terracini, presidente della Costituente, firmò a Palazzo Giustiniani la Costituzione italiana, 139 articoli che entrarono ufficialmente in vigore il 1º gennaio del 1948. Tra questi, posto nella Sezione I Diritti e doveri dei cittadini, Titolo IV, l'articolo 53 recita: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva". Due i temi fondamentali dal punto di vista del diritto tributario: la capacità contributiva e la progressività dell’imposizione fiscale. 
Nel primo caso l'articolo 53 sostiene che tutti i cittadini, anche apolidi e stranieri, che risiedono in Italia hanno il dovere di pagare le imposte. L'obbligo di pagamento delle imposte deve rispettare necessariamente la capacità contributiva del cittadino, vale a dire la sua possibilità economica. L'articolo 53, che difende il dovere di concorrere alle spese pubbliche, richiama senza dubbio gli articoli fondamentali 2 e 3 della Costituzione, i quali manifestano il principio di solidarietà e di eguaglianza di tutti i cittadini nello Stato Italiano. 
Per quanto riguarda i criteri di progressività l'articolo 53 della Costituzione sostiene che l'imposta che i cittadini, anche apolidi e stranieri, sono tenuti a versare è proporzionale all'aumentare della loro possibilità economica. In altre parole: l'imposta cresce con il crescere del reddito. Il rilievo del criterio di progressività risiede nel gravare sulle classi sociali più abbienti così da poter soccorrere e sostenere le classi sociali in difficoltà, garantendo i diritti e i servizi sociali fondamentali quali la pubblica istruzione, l'assistenza sanitaria, la previdenza sociale e l'indennità di disoccupazione, criteri sui quali si basa lo Stato Sociale Italiano. 

Ora rimane da capire su quali basi e con quale faccia le opposizioni e alcune parti dell'esecutivo puntino il dito su chi le tasse, come l'attuale governo, non solo le mantenga per quel principio basico scritto a caratteri cubitali in Costituzione ("Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche", le tasse appunto), ma e soprattutto si cimenti a lottare contro l'evasione fiscale. 
Lo ha ribadito anche il segretario generale della Cgil a «Mezz'ora in più»: "Il messaggio che si deve dare al paese non è no tasse ma no evasione fiscale"
Messaggio che evidentemente non è stato recepito dalla piazza del centrodestra (Meloni: "Uniti contro la sinistra delle tasse", Berlusconi: "In piazza contro carcere per gli evasori", Salvini: "L'unico modo per dare un futuro ai nostri figli è abbassare le tasse") e dalla Leopolda (Teresa Bellanova: "Io dico che Italia Viva è no tasse", Maria Elena Boschi: "Il Pd è il partito delle tasse").

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