Per gli undici milioni di italiani che stravedono per la Juve, l’estate del 2006 resterà a lungo nella memoria: la Juventus precipitata in serie B, due dei 29 scudetti scuciti dalle maglie bianconere, la buona parte dei campioni che costituivano una squadra-capolavoro venduti, talvolta a squadre rivali e innanzitutto a quell’Inter che ha accettato dalla giustizia sportiva uno scudetto che sul campo non aveva visto né da vicino né da lontano. Giampiero Mughini ricorda quei giorni neri in cui la voce rauca degli “antijuventini” s’era fatta talmente forte da chiedere l’allontanamento dalla guida della nazionale di quel Marcello Lippi che l’avrebbe poi guidata alla conquista del campionato del mondo; e, da grande cantore dell’epopea bianconera, racconta lo strazio e la rabbia del dolente popolo juventino. Con un occhio ai retroscena, Mughini spiega perché, dato il momento di debolezza politica ed economica della Fiat, la proprietà della Juve abbia accettato senza batter ciglio il martirio dei Moggi e dei Giraudo. E affronta la domanda lancinante: la nuova Juve, rientrata in A, è davvero una squadra da primissimi posti o invece siamo di fronte a una squadra talmente diminuita nei suoi valori tecnici da non poter andare oltre la metà della classifica?
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