Mancano due mesi all'insediamento alla Casa Bianca di Barack Obama, e anche se ufficialmente il neo presidente a stelle e strisce non ha nominato nessun membro del suo "gabinetto", in via informale si sta pianificando quello che potrebbe essere il suo staff.
Il New York Times da per certi, sulle possibili nomine, Eric Holder (Attorney General), Tom Daschle (segretario alla Sanità) e Janet Napolitano (Sicurezza nazionale).
Eric Holder, secondo il quotidiano newyorkese, si allinea perfettamente alle idee di governo di Barak Obama, così come Tom Daschle, senatore del Sud Dakota, che ha accettato l'offerta di Obama per essere eletto Segretario alla sanità. Dopo l'importante appoggio, nello stato dell'Arizona, dato dalla Governatrice Janet Napolitano durante la campagna presidenziale di Obama, la nomina alla Sicurezza nazionale sembra oramai scontata.
Scelte considerate di alto profilo da parecchi commentatori conservatori, tra cui David Brooks dello stesso NYT, al contrario delle critiche piovute dalle ali estreme dei due partiti.
Ma la notizia che sta dominando in queste ore la stampa americana è sulla possibile nomina di Hillary Clinton al Dipartimento di stato. Nella giornata di venerdì è trapelata la notizia che la Clinton abbia deciso di abbandonare il suo posto al Senato ed accettare la posizione al Dipartimento di Stato.
In parole povere Mrs. Clinton potrebbe guidare gli affari diplomatici americani per conto di Obama.
Ora bisognerà vedere, la Clinton in queste ore ha gettato acqua sul fuoco, dichiarando che è tutto da decidere, come si comporterà, se tale indiscrezione andasse in porto, ad affrontare le future sfide che attendono l'America sulle questioni mediorientali.
In campagna elettorale, il neo presidente e la sua sfidante, avevano idee molto diverse: Obama diceva che avrebbe incontrato senza precondizioni i nemici degli Stati Uniti, dall’Iran a Cuba, mentre Hillary sosteneva che quella era una posizione ingenua e irresponsabile.
Di conseguenza mi domando: la Clinton come deve comportarsi, se davvero dovesse andare al Dipartimento di Stato, sulle trattative di negoziazione da lei stessa considerate ingenue e irresponsabili?
E se Dennis Ross, l’esperto diplomatico accusatore di Yasser Arafat per aver fatto saltare l’accordo di pace con gli israeliani, dovesse occuparsi del dossier arabo-israeliano?
Come avevamo precedente scritto, le scelte di Obama per il futuro americano sembrano, da queste prime possibili nomine, smentire coloro che avevano celebrato l'avvento del cambiamento, daltronde oltre oceano i primi dissensi arrivano proprio, sui giornali, dall’ala sinistra della sua coalizione.
Il collegamento è presto fatto: l'autorizzazione a George W. Bush, per usare il pugno duro contro Saddam Hussein, arrivò dalla votazione di coloro che stanno prendendo forma nella prossima amministrazione americana, da Joe Biden a Hillary Clinton, da Rahm Emanuel a Tom Daschle.
Se a questo si aggiunge la dichiarazione fatta da Obama nella prima conferenza stampa da neo presidente eletto, insieme al vice Joe Biden, sull'inaccetabile dotazione di un'arma nucleare da parte dell'Iran, aggiungendo che il sostegno di Teheran al terrorismo deve terminare, tutto sembra tornare.
La politica americana non si può cambiare, e la tradizione, quella patriottica, orgogliosa e individualista, ha sempre portato avanti, con i rispettivi presidenti, una politica guerrafondaia, dalla Corea passando per il Vietnam fino a quella con l’Iraq, e queste futuribili nomine sembrano portare avanti, inevitabilmente, quel percorso.
di Cirdan
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