..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

giovedì 20 novembre 2008

LIBERO E IMPRIGIONATI

Il racconto della vicenda preferisco non riportarlo, su alcuni quotidiani lo si può leggere in maniera dettagliata, per quel che concerne il procedimento giudiziario lascio alla coscienza di chi, in nome della Cassazione e della corte d'assise d'appello di Bologna, ribaltò le precedenti sentenze senza nemmeno curarsi di riaprire l'istruttoria dibattimentale, condannando senza sé e senza ma Melchiorre Contena alla pena detentiva di trent'anni, ritenendo attendibili le dichiarazioni spontanee di Andrea Curreli, l'accusatore del pastore di Orune.
Calunnie che crollarono clamorosamente dopo che la difesa portò in udienza il curriculum del Curreli: trentacinque denunce per falsa testimonianza, simulazione di reato e furto; arringa che consentì l'assoluzione piena a Melchiorre Contena, assoluzione confermata anche dalla corte d'assise d'appello di Firenze, il 21 febbraio del 1980.
Su cosa ha dovuto passare la famiglia Contena non mi permetto di lasciare nessuno scritto, ogni aggettivo sarebbe fuori luogo per descrivere un dolore provocato dalla malagiustizia che per mia fortuna non ho dovuto subire, e spero mai mi capiti, e pertanto non posso capire.
Da questa assurda vicenda non posso che trarne un insegnamento, ricevuto da un pastore che per trent'anni ha dovuto rinunciare a moglie, figli e nipoti, traendo forza dalla sua coscienza, libera nonostante la carcerazione.
Fabio Dean, avvocato del Curreli, nel marzo del 1985 spedì una lettera in carcere a Contena: "Ho personalmente convincimento della vostra innocenza, maturata da impressioni derivate dal palese risentimento che Curreli manifestava apertamente nei vostri confronti. Mi riserbo di ribadire questa mia convinzione nelle sedi più opportune, sottolineando la natura assolutamente disinteressata di questo intervento che risolve solo un mio problema di coscienza".
In un'intervista, apparsa su Giusta Giustizia , di Gianluca Perricone a Silvia Tortora, figlia di Enzo, divenuto, suo malgrado, il simbolo per eccellenza della nostrana malagiustizia, si fa riferimento ad una frase rivolta la sera dell'11 settembre 1986 dal conduttore della popolare trasmissione "Portobello" ai giudici: "Io sono innocente, spero di cuore che lo siate anche voi". Silvia ha così commentato: "Questa era una frase emblematica: lui aveva la certezza della sua moralità e della sua estraneità ai fatti che gli venivano addebitati, si augurava che anche costoro avessero una coscienza ..."
Questo sarà il primo Natale da uomo libero per Melchiorre Contena, con la coscienza libera, quella che per trent'anni gli ha dato la forza di andare avanti, quella che per trent'anni gli ha tenuto compagnia durante le feste natalizie lontano dai propri cari.
Altri ai propri cari sono rimasti accanto in questi trent'anni, e non solo quando gli alberi si illuminavano, rimanendo imprigionati per sempre nella loro coscienza.
di Cirdan

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