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giovedì 22 gennaio 2009

"CALCIOPOLI" MOSTRA I LIMITI DELLE INTERCETTAZIONI E DEI TEOREMI GIUDIZIARI

Ieri è iniziato, ed è subito stato rinviato alla fine di marzo, il processo napoletano contro Luciano Moggi e altri 23 imputati. In aula si parlerà ancora del mercato calcistico, dei contratti con i giocatori, di arbitri e partite pilotate. Proviamo a ripercorrere le ultime e recentissime tappe della odissea giudiziaria di Moggi e degli altri imputati dello scandalo "Calciopoli".
“Ho speso 10mila euro per portarla a cena a Parigi, ho preso un aereo privato, albergo di lusso, ristorante favoloso, ma è andata buca”. A parlare è Alessandro Moggi che confidava il fallito approccio con la giornalista Ilaria D’Amico. Può sembrare una semplice confidenza di un Vip che ha preso un 'due di picche' ma è una delle intercettazioni telefoniche finite sui giornali nel maggio del 2006 quando è scoppiato lo scandalo sul calcio. Intercettazioni penalmente irrilevanti ma che sono sempre utili a influenzare l’opinione pubblica regalando, come in questo caso, un po’ di gossip ad una delle bufere più grosse che hanno investito lo sport italiano.
Nel maggio del 2006 i giornali pubblicano le intercettazioni disposte dai tribunali di Torino e Napoli. Le indagini vedono coinvolti dirigenti sportivi, designatori arbitrari, dirigenti FGCI, giornalisti. Le accuse penali sono pesanti, associazione a delinquere, quelle sportive non sono da meno, illecito sportivo. Secondo l’accusa c’era una vera e propria cupola che cercava di aggiustare le designazioni arbitrarie per determinati incontri di campionato, avvantaggiando alcune squadre (la Juventus in particolare). E poi c’era la GEA World, società di procure sportiva, composta da ‘figli d’arte’ tra cui Alessandro Moggi. Per molti la GEA intendeva controllare il mondo del calcio con intimidazioni e condizionamenti.
Lo sport ha un ordinamento suo, con gradi di giudizio e condanne. Il processo sportivo è più snello, più veloce. Quello di “Calciopoli” si celebra in poche settimane. Dirigenti e squadre di calcio sono accusati di illecito sportivo e slealtà sportiva, sanzionate dalla FGCI. In totale 22 persone vengono coinvolte nell’inchiesta. Il procuratore Federale, Stefano Palazzi, chiede pene durissime: retrocessione per le squadre, radiazione per i dirigenti, multe. La velocità del processo è stata anche legata alla paura di accavallare la sentenza con l’inizio del campionato. Si ventilò anche un intervento di FIFA e UEFA. Una rapidità che forse ha contribuito a non approfondire ulteriormente le indagini, visto che il circo non si poteva fermare, c’erano troppi soldi e interessi in gioco.
Poi l’Italia ha vinto il mondiale e si è passato un leggero colpo di spugna sull’accaduto. Le pene sportive inflitte agli indagati sono state più lievi di quelle richieste da Palazzi. La Juventus ha comunque pagato, è stata spedita in serie B, e le sono stati tolti due titoli (il secondo dei quali assegnato all’Inter). Ironia della sorte, mentre si celebrava il processo, la FIGC era commissariata dall’avvocato Guido Rossi, per anni consigliere d’amministrazione dell’Inter, che lascerà la FIGC il 19 settembre del 2006, pochi giorni dopo esser stato nominato presidente di Telecom Italia (Società dell’Interista Tronchetti Provera).
Il processo penale va avanti. E pochi giorni fa è stata pronunciata la sentenza sulla GEA. I giudici romani, nel primo grado, hanno smontato l’impianto accusatorio affermando l’inesistenza di una cupola. La maggior parte degli imputati sono stati prosciolti e gli unici condannati sono i Moggi, Luciano a 18 mesi, Alessandro a 16, per violenza privata. Dopo la sentenza abbiamo chiesto l’opinione di Maurizio Paniz, presidente del Fans Club Juventus di Montecitorio e affermato penalista.
“La sentenza è chiara ed elimina l’impianto accusatorio dei PM – dice Paniz – viene meno anche uno dei due punti su cui si basavano le accuse del tribunale sportivo. La violenza privata è un reato individuale che non coinvolge le squadre”. Bisognerà attendere la sentenza di Napoli ma “se arrivasse una sentenza simile a quella di Roma – aggiunge Paniz – cadrebbe l’impianto accusatorio che ha coinvolto la giustizia sportiva, e si aprirebbe la strada della revoca delle penalizzazioni, il che vuol dire la restituzione dei due scudetti”. Insomma, viene il dubbio che il tribunale dello sport abbia proceduto troppo velocemente e che la vicenda non sia ancora del tutto chiara: “I processi sportivi hanno regole diverse rispetto a quelli penali, ma sicuramente la velocità non ha aiutato a trovare la verità. Ne abbiamo visto i limiti” conclude Paniz.
Per il processo di Napoli, Moggi ha stilato una lista di 498 esponenti del mondo del calcio che testimonieranno in sua difesa. I pubblici ministeri ne hanno trovati molti di meno, solo 108. Il processo dovrà dimostrare se Moggi era il boss a capo di una cupola che gestiva partite e risultati. Ai giudici l’ardua sentenza.
di Gavino Pala
da L'Occidentale

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