Tutto era cominciato con tanta voglia. “Curioso da morire”, si autodefinì Claudio Ranieri nella settimana che sanciva l’inizio del campionato, quello 2007/08, il successivo alla serie B. Talmente curioso, che il mister "da testaccio" non vedeva l’ora di confrontarsi nel super anticipo del sabato sera: il ritorno dei bianconeri in seria A contro il Livorno. Certo, bello tornare in serie A: nuovamente sotto le luci dei riflettori, nuovamente a scendere in campo in stadi prestigiosi e nuovamente a confrontarsi con le realtà che, prima dell’inizio di Calciopoli, erano le stesse che finivano regolarmente seconde e terze, e a volte anche quarte. Ma il piano quinquennale (lo ritroveremo), predisposto dalla società, prevedeva una lenta risalita, per gradi, puntando sui giovani (“il vero serbatoio del futuro”) e spendendo in maniera oculata. Ben detto! Aziendalmente parlando. Ma le cose sono andate in maniera diametralmente opposta.
Chiarito dal tecnico che la griglia di partenza si compone ricalcando la classifica dell'ultimo campionato: Inter prima, Milan secondo, Roma terza e così via, la nuova Juventus stava per cominciare un lungo cammino, che l’avrebbe portata a vincere, secondo i voleri di proprietà e dirigenza, a distanza di un lustro.
Le notizie che avevano invaso la stampa in quell’estate, davano una dimensione ben precisa alle possibilità di spesa per rinforzare la rosa bianconera, spese che, guardando i numeri nudi e crudi, erano in netta controtendenza rispetto alle parole della società; in particolar modo dell’amministratore delegato Blanc. « Dimostreremo che si può vincere senza sperperare. Questo è l’unico modo in cui può sopravvivere il calcio italiano ». D’accordo, giusto non sperperare, ma se si hanno a disposizione determinati capitali perché attendere il piano quinquennale? Fatto sta che in quella campagna acquisti furono spesi oltre 60 mln di €, una cifra che si avvicinava a quella che veniva ipoteticamente accostata all’Inter per la campagna acquisti del management di Via Durini. Eppure quell’anno, dopo la scorpacciata alla fiera del saldo di Corso Galileo Ferraris dodici mesi prima, gli indossatori di scudetti altrui spesero poco meno di 50 mln di €. Anche qui si potrebbe obbiettare, certo, d'altronde la compagine meneghina aveva appena vinto il suo secondo (?) scudetto consecutivo, la squadra, con gli innesti di Ibrahimovic, Vieira e Maicon, era già rodata con punti fermi come Cambiasso, Julio Cesar e Zanetti, ma nonostante le inutili spese (fatto consueto in quell’amministrazione) di Suazo (14 mln) e Chivu (16 mln), l’Inter si era concessa il “lusso”, almeno per un anno, di non recitare il ruolo di attrice protagonista della campagna acquisti estiva. Uno statunitense, abituato al giro di grandi cifre in "leghe" come la NBA la NFL e la NHL, avrebbe pensato: la Juventus quest’anno può vincere lo scudetto; ha mantenuto un certo numero di campioni e ha la possibilità di investire più di tutti sul mercato, perché mai attendere un piano quinquennale? Per chi capisce di calcio, quello italiano, era lampante come, nonostante l’ingente esborso, i denari, figli di un sostanzioso aumento di capitale, furono spesi malissimo: quasi 11 mln per Andrade, trentenne portoghese attualmente svincolato, con all’attivo 4 presenze in maglia bianconera; altri 9 mln per Almiron, argentino attualmente in forza alla Fiorentina e con 9 presenze in bianconero; quasi 14 mln per Tiago Mendes, portoghese che firmò un contratto quinquennale (forse faceva parte anche lui del piano), e che tutt’oggi rimane un oggetto misterioso di quello che allora fu definito il pezzo pregiato del mercato juventino. Come si concluse quel torneo è cronaca, basti pensare che con uno scarno comunicato, il 29 gennaio 2007, la società di scommesse “Snai” pagò in largo anticipo le puntate sull’Inter campione d’Italia, a quattro mesi dal termine del torneo; fatto mai verificato in Italia a manifestazione ancora in corso.
Terminato il torneo con la Juventus terza, e qualificata per la Champion, ci si rituffò nella mattanza del calciomercato, stagione 2008/09. Nonostante la società bianconera, in questa circostanza, spese meno dell’Inter (40 e rotti mln di € spesi dalla società bianconera contro i circa 50 mln di € dei neroazzurri), il deja-vu non si fece attendere: Poulsen, acquistato per 9,75 mln di €; Amauri per oltre 22 mln di €. Due coetanei di quasi trent’anni che il grande calcio lo avevano visto solo in televisione. Ad est di Torino le cose non andavano tanto meglio, se pensiamo che con l’avvento di Mourinho il patron neroazzurro mise mano al portafogli per acquistare la meteora Quaresma (più di 18 mln), l’oramai sfruttato Mancini (13 mln) e il promettente ma discontinuo, Mountari (quasi 16 mln). Due campagne acquisti molto simili (nella spesa), ma con una grande differenza: l’Inter continuava a schierare Ibrahimovic. Come è terminato anche questo torneo basta nuovamente consultare la cronaca: quarto scudetto consecutivo per l’Inter.
Ora proviamo a fare qualche conteggio e andiamo a verificare a che punto sta il “piano quinquennale”. Nelle due stagioni post serie B, la società Juventus, quella in cui si doveva dimostrare di poter vincere senza sperperare, ha investito oltre i 100 mln di €, a differenza di un’Inter due volte campione che ne ha investiti circa 90. Gli acquisti, per importanza economica, hanno interessato principalmente 5 giocatori, con un esborso pari a 66 mln di €. Di questi, attualmente in forza, ne sono rimasti tre, due dei quali si possono ritenere sul mercato, con il solo Amauri, nonostante le trenta primavere, a recitare il ruolo di colpo riuscito (22 mln il suo cartellino). Volete che facciamo il conteggio delle minus valenze in soli 36 mesi? A partire dallo svincolato Andrade all’offerta del Siviglia, che per riprendersi Poulsen verserebbe nelle casse della Juventus la bellezza di 5 mln di €? Allora andiamo avanti. Nel periodo pre-“piano quinquennale”, nell’anno di serie B, la “voglia” della proprietà di tornare subito tra le grandi ha portato la scelta di puntare sulla guida tecnica di Didier Deschamps. L’ottimo campionato disputato (e ci mancherebbe) ha riportato la Juventus in serie A, anche grazie al lavoro di spogliatoio dell’ex centrocampista bianconero. Ma al momento di proseguire un discorso a lungo termine (“torneremo a vincere tra 5 anni”), l’ex capitano dei blues ha deciso di andare via, per incompatibilità di programmi. Sostituito da Claudio Ranieri è ricominciata la solfa della “squadra simpatica” (la Juve), di un “sorriso per tutti” (ma proprio tutti) e via citando, tutti pronti a mettere le mani avanti con la morale di essere dei neofiti del torneo (?). Dopo nemmeno due stagioni (la precisione di 74 gare di campionato) è terminata anche l’avventura del tecnico romano, esonerato e sostituito da Ciro Ferrara, traghettatore per le due ultime gare del torneo 2008/09.
Le voci di mercato su presunti grandi nomi vestiti con maglietta bianconera, trovano spazio anche in questo inizio estate 2009: da Diego a Lavezzi, da Pandev a Quagliarella. Con tanto di eventuali partenze: Trezeguet il nome più gettonato. E una domanda sporge spontanea: ma questo “piano quinquennale”, a prescindere dalla enorme quantità di denari buttati, a bidoni in “bidoni”, e due cambi in corsa della guida tecnica, pagata per costruire uno spogliatoio ed un gioco, in realtà, a cosa mirerebbe? Anche perché, e parliamo di calcio, come fa una squadra smembrata interamente nell’estate del 2006, e “rinforzata” con elementi che messi tutti insieme non raggiungerebbero le presenze di Tavola e Storgato, a tornare a vincere tra una stagione?
Chi è stato acquistato non ha lasciato il segno, tranne che nel bilancio, negativo, e oggi non fa già più parte del progetto; chi doveva dare un gioco è fuori dai giochi, esonerato e con la ritorsione dei legali che hanno intentato di portare la società in tribunale; le vecchie glorie, chi più, chi meno, hanno raggiunto la fine dell’attività agonistica, e non solo; il progetto giovani (ricordate?), sostanzialmente, non è mai partito, visto che sono stati loro, i giovani, a partire. Oggi assistiamo inerti davanti ad un cumulo di macerie che fanno il paio a quelle dell’estate 2006, increduli, e impauriti, nell’ascoltare una proprietà che continua a garantire vicinanza alla squadra.
Verosimilmente la prossima stagione, salvo cataclismi, vedrà nuovamente primeggiare i dipendenti di Via Durini, guidati da tale Josè “thespecialone” Mourinho, e rinforzati dall’inserimento in rosa dei principali artefici della cavalcata straordinaria del Genoa di Gasperini: Thiago Motta e Milito. E, con altrettanta probabilità, dall’innesto in difesa di Ricardo Alberto Silveira Carvalho, trentenne difensore centrale portoghese, campione d’Europa con il Porto di Mourinho, che lo volle fortemente al Chelsea quando ne era l’allenatore. Una sicurezza da inserire in ogni reparto, per garantire la quinta (?) stagione consecutiva ai vertici. E la Juventus? I bianconeri, come da “piano quinquennale”, avranno l’ultima stagione da transitare da perdente, condita dall'ossimoro di stagione: “per lo scudetto ci siamo anche noi, ma dobbiamo mantenere il terzo posto”.
Sembrerà strano, è vero, ma tutto questo mi porta a chiedermi: sarà più redditizio vincere uno scudetto, oppure vendere una quantità importante di materiale dove gli scudetti (magari 5 consecutivi) li vincono gli altri?
Proposta: visti i “consigli” statunitensi di far acquisire alla Fiat il marchio Chrysler, potrebbero farsi venire in mente di comprare anche il marchio Barcelona.
La Juventus ci metterebbe la maglia e le tecnologie (stadio nuovo), loro, come gli americani, soldi e manodopera.
Forse con Messi, Henry ed Eto’o, il piano quinquennale sarebbe più fattibile.
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