Tre anni fa, il 2 maggio anno domini 2006, scoppiava Calciopoli e iniziava più o meno così: la Figc costretta a fare un comunicato stampa per fare alcune precisazioni e per chiarire l’iter dei fatti inerenti l’inchiesta sulle intercettazioni telefoniche, riguardanti dirigenti e arbitri. "In riferimento alle notizie di stampa riguardanti la trasmissione alla Federcalcio da parte della Procura della Repubblica di Torino, della trascrizione di alcune intercettazioni telefoniche effettuate nei confronti di tesserati, la Figc precisa quanto segue". "In data 21.9.2005, Marcello Maddalena, procuratore capo della Repubblica di Torino, consegnava a Franco Carraro, il decreto del Gip del medesimo tribunale che - in accoglimento di analoga richiesta formulata dal suindicato procuratore, anche essa trasmessa - aveva disposto l’archiviazione di un’indagine, promossa per verificare un’ipotesi di frode sportiva. Carraro - prosegue la Federcalcio - trasmetteva immediatamente detta documentazione al Capo dell’Ufficio Indagini, Italo Pappa. Questi, sulla scorta degli elementi emergenti nei citati provvedimenti giudiziari - consistenti anche nel parziale stralcio di talune intercettazioni riportate nei citati provvedimenti - effettuava gli opportuni riscontri, che si concludevano in data 4.3.2006 con l’invio al Procuratore Federale della relativa relazione". "Tali riscontri, attesa la constatata inesistenza di fatti penalmente rilevanti, erano improntati alla massima possibile riservatezza - prosegue il comunicato stampa della Federcalcio -, onde non compromettere ogni possibile diritto alla privacy spettante ai soggetti interessati, fino al definitivo e compiuto accertamento dei fatti medesimi. Successivamente, in data 13.3.2006 perveniva dal medesimo procuratore della Repubblica al Presidente federale, ampia e copiosa documentazione concernente la trascrizione integrale di un rilevante numero di conversazioni telefoniche, riguardanti l’attività istruttoria di cui sopra. Anche tale documentazione era subito trasmessa al capo dell’ufficio indagini. Quest’ultimo, alla luce della nuova e complessa documentazione, suscettibile della più approfondita analisi e dei più doverosi e puntuali riscontri, riteneva indispensabile, dandone immediata comunicazione al procuratore federale, di svolgere ulteriori approfondimenti ed indagini in merito. Ciò in considerazione del fatto che, trattandosi di intercettazioni di conversazioni telefoniche, andavano individuati con certezza sia i soggetti a vario titolo coinvolti, sia il contenuto e la portata delle affermazioni in loro contenute". "Contemporaneamente - prosegue la nota della Figc - il capo ufficio indagini prendeva opportuni contatti con la procura della Repubblica di Roma, nella persona dei consiglieri Luca Palamara e Cristina Palaia, in quanto alcuni elementi riscontrati nella documentazione in esame, avrebbero potuto avere attinenza e rilevanza con alcuni fatti oggetto di altro procedimento penale in atto istruito dai medesimi magistrati. Allo stato l’ufficio indagini - conclude la Figc -, sta operando nel consueto spirito di fattiva collaborazione con i predetti magistrati, avendo recepito l’invito dei medesimi affinché ogni iniziativa investigativa, sia previamente concordata al fine di non pregiudicare l’attività istruttoria di loro competenza".
Il resto è storia, fino ad oggi.
E proprio oggi, di tre anni fa, John Elkann dichiarava: "Tutta la vicenda non ci ha lasciato indifferente, ma ci sono le sedi opportune per discuterne e per risolverle". Questo fu il primo pensiero di Elkann, è ancora più chiaro fu quando gli chiesero se anche la famiglia Agnelli fosse vicina alla “Triade” (Giraudo-Moggi-Bettega), come espresso dalla Curva Scirea. ''Ho visto lo striscione dei tifosi e infatti noi siamo qui allo stadio perché siamo vicini alla squadra e all'allenatore...''. Punto. Alla squadra e all’allenatore, ma nessuna parola sulla dirigenza.
A distanza di tre anni, la Juventus sta attraversando uno dei periodi più bui della sua storia, ancora guidata da coloro che non la difesero, lasciandola in pasto al popolino, fomentato dai media.
Ricordare un 5 maggio ha valore, perché racconta di una giornata che il popolo bianconero non dimenticherà mai (solo l’attuale presidente bianconero ricorda solo l’ode a Napoleone Bonaparte), ricordare il 7 maggio fa male, ancor più dello scoppio di Calciopoli, perché chi allora ascoltò quelle parole intravide un futuro difficile, purtroppo non sbagliando.
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