..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 9 ottobre 2009

LA LUNGA NOTTE DI VASCO E' UN GRAN BEL FILM




«Io lo so che le 'cose' poi, non sono mai 'come'... / come te le aspettavi te / io sono triste però / io sono triste un po'» cantava ieri sera Vasco Rossi a Mantova riassaporando il clima febbrile dei palasport dopo 13 anni di stadi. «Un gran bel film» ha rappresentato il ponte tra passato e presente scelto dal maudit di Zocca per dare l'abbrivio a questa sua nuova avventura, tornando tra i solchi di quel «Nessun pericolo... per te», ultimo album presentato nelle arene prima di restringere le tournée solo ai grandi spazi. Un pezzo fuori mano come diversi altri affiorati nel corso dello show, affrontato col respiro sul collo dei cinquemila del PalaBam nell'attesa di debuttare ufficialmente martedì all'Adriatic Arena di Pesaro e proseguire per un anno ai quattro angoli d'Europa con tappa pure a Milano dal 5 al 21 febbraio. Sul palco la rocciosa band degli ultimi giri di concerti, corroborata da Maurizio Solieri e Stef Burns alle chitarre, da Claudio Golinelli al basso, da Alberto Rocchetti alle tastiere, da Andrea Innesto al sax, dall'americano Matt Laugh alla batteria, da Frank Nemola alla tromba e da Clara Moroni ai cori.
Gruppo quadrato con cui Vasco risale la sua inarrivabile avventura rock fino alle origini de «La nostra relazione», primo singolo del primo album «... ma cosa vuoi che sia una canzone» uscito nel 1978. Anche se a scuotere il palasport sono cose relativamente recenti come la «Cosa vuoi da me» di «Buoni o cattivi» e vecchissime tipo «Ieri ho sgozzato mio figlio», da quel «Siamo solo noi» trasformato dal tempo in una pietra miliare del suo cammino.
E ancora «Ogni volta», la melanconica «Gli angeli» dedicata nel '94 alla prematura scomparsa del manager Maurizio Lolli, «Domenica lunatica», «Dimentichiamoci questa città» e su su fino a «Vivere senza te», «Anima fragile», «Colpa del whisky» e una rielaborazione di «Creep» dei Radiohead «Ad ogni costo». Tutto in una scena coinvolgente e sofisticatissima, minimale solo all'apparenza, caratterizzata da quattro enormi cubi luminosi sospesi nel vuoto e da centinaia di specchi a bulbo che riflettono la sala come l'occhio reticolare di un insetto. «Sono ancora in coma» riporta le energie e la voglia di trasgressione di «Vado al massimo» appena ripubblicato pure su vinile, appiccando fuoco alle polveri di un gran finale che incrocia una dopo l'altra cose tipo «Delusa», invettiva sul velinismo e sul ninfettismo giocata con 15 anni d'anticipo su questi nostri convulsi tempi catodici, «Quanti anni hai», «Stupido hotel», «Un senso», «Deviazioni» e «Il mondo che vorrei».
Ma un concerto di Vasco non è un concerto di Vasco senza l'inevitabile raffica di bis. Struggente l'intimismo con cui Vasco, imbracciata la chitarra acustica, traversa “hit” dei suoi straviziati anni '80 e '90 come «Sally», «Dillo alla luna», «Incredibile romantica», «Una canzone per te» mentre il resto ha l'urgenza di «Hai ragione tu», della «Ridere di te» di «C'è chi dice no» e di «Occhi blu». Il congedo segue la liturgia degli stadi recuperando le memorie sempre presenti di «Vita spericolata», «Canzone» e «Albachiara».
Infine a Natale uscirà un cd+dvd: nel primo brani inediti e rarità mentre il secondo dovrebbe contenere immagini dell'ultimo tour con Massimo Riva.

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