Ormai. Ahmadinejad e l’ayatollah Khamenei si prendono il gusto di prendere in giro gli Usa, senza riserbo, certi come sono che alla Casa Bianca sieda un uomo incapace di far loro danno. E purtroppo i fatti danno loro ragione. Questa la successione delle ultimissime dichiarazioni iraniane. Ahmadinejad, domenica annuncia di avere dato ordine di arricchire l’uranio al 20 (non più al 3,5%), in una chiara escalation verso l’arricchimento al 90%, necessario per la bomba atomica. Lunedì mattina, sempre Ahmadinejad, rassicura il mondo che “Teheran è pronta a cooperare con la comunità internazionale nel campo dell’arricchimento” e rilancia la trattativa. Passano due ore e l’ayatollah Khamenei chiarisce quale sia la “cooperazione” a cui è disposto il regime: “La distruzione di Israele è imminente”. Poi aggiunge: “L’11 febbraio, la nazione iraniana, unita e con la grazia di Dio, sferrerà un cazzotto tale all’arroganza dell’Occidente, che lo lascerà stordito.” Previsione facile da mantenere, perché l’Occidente, a causa della politica di Barack Obama, non è oggi in grado di reagire a nulla, neanche all’annuncio che Teheran ha già una bomba atomica (probabilmente Khamenei annuncerà invece il successo del lancio di un nuovo missile intercontinentale che può raggiungere Parigi e Londra).
Il segretario alla Difesa americano Robert Gates sta facendo il giro d’Europa per concordare nuove sanzioni (ieri ha visto Frattini e Kouchner, convintissimi), ma queste non saranno prese dall’Onu, o saranno addolcite sino a renderle inutili, perché Obama ha fatto di tutto per dare ragioni ulteriori a Pechino per esercitare il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza. Né Mosca, né Pechino sono alleati del regime di Teheran (e nel caso venisse attaccato militarmente, non si sentirebbero minimamente vincolate a reagire al suo fianco), ma usano cinicamente della politica eversiva degli ayatollah per indebolire la superpotenza americana, per evidenziare la sua crescente debolezza. Mosca fornisce a Ahmadinejad irresponsabilmente tutta la tecnologia nucleare, ma ora pare aver compreso di avere giocato col fuoco e sembra accetti nuove, dure sanzioni. Pechino, invece, era già era intenzionata a fare fuoco di sbarramento, quando Washington ha fatto tre mosse che l’hanno definitivamente portata su posizioni di pieno fiancheggiamento di Teheran. Obama infatti ha concentrato in due giorni queste mosse: ha venduto armamenti modernissimi a Taiwan, che la Cina considera territorio nazionale illegalmente occupato; ha dichiarato che riceverà personalmente il Dalai Lama e infine ha duramente criticato la politica monetaria cinese, accusandola di barare sottovalutando il Yuan. Tutte e tre le mosse, si badi bene, potevano essere spostate di uno-due mesi, sino a dopo la conclusione dell’accordo contro Teheran, e non sarebbe cambiato nulla. Ma il dilettantismo di Obama è infinito, così come enorme è il suo cinismo nei confronti della opposizione al regime di Teheran (massacrata di nuovo e preventivamente in questi giorni, per impedirle di manifestare l’11 febbraio), nei cui confronti continua a tacere (nonostante le forche) e che ha addirittura indebolito, levando ogni finanziamento alle organizzazioni americane che aiutavano l’Onda Verde. La conclusione quindi sarà che le trattative all’Onu sulle sanzioni saranno lunghissime e che alla fine Pechino toglierà il veto solo a fronte di una loro sterilizzazione quasi totale, così che Teheran potrà serenamente irriderle e aggirarle.
Il segretario alla Difesa americano Robert Gates sta facendo il giro d’Europa per concordare nuove sanzioni (ieri ha visto Frattini e Kouchner, convintissimi), ma queste non saranno prese dall’Onu, o saranno addolcite sino a renderle inutili, perché Obama ha fatto di tutto per dare ragioni ulteriori a Pechino per esercitare il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza. Né Mosca, né Pechino sono alleati del regime di Teheran (e nel caso venisse attaccato militarmente, non si sentirebbero minimamente vincolate a reagire al suo fianco), ma usano cinicamente della politica eversiva degli ayatollah per indebolire la superpotenza americana, per evidenziare la sua crescente debolezza. Mosca fornisce a Ahmadinejad irresponsabilmente tutta la tecnologia nucleare, ma ora pare aver compreso di avere giocato col fuoco e sembra accetti nuove, dure sanzioni. Pechino, invece, era già era intenzionata a fare fuoco di sbarramento, quando Washington ha fatto tre mosse che l’hanno definitivamente portata su posizioni di pieno fiancheggiamento di Teheran. Obama infatti ha concentrato in due giorni queste mosse: ha venduto armamenti modernissimi a Taiwan, che la Cina considera territorio nazionale illegalmente occupato; ha dichiarato che riceverà personalmente il Dalai Lama e infine ha duramente criticato la politica monetaria cinese, accusandola di barare sottovalutando il Yuan. Tutte e tre le mosse, si badi bene, potevano essere spostate di uno-due mesi, sino a dopo la conclusione dell’accordo contro Teheran, e non sarebbe cambiato nulla. Ma il dilettantismo di Obama è infinito, così come enorme è il suo cinismo nei confronti della opposizione al regime di Teheran (massacrata di nuovo e preventivamente in questi giorni, per impedirle di manifestare l’11 febbraio), nei cui confronti continua a tacere (nonostante le forche) e che ha addirittura indebolito, levando ogni finanziamento alle organizzazioni americane che aiutavano l’Onda Verde. La conclusione quindi sarà che le trattative all’Onu sulle sanzioni saranno lunghissime e che alla fine Pechino toglierà il veto solo a fronte di una loro sterilizzazione quasi totale, così che Teheran potrà serenamente irriderle e aggirarle.
In questo contesto, ha sempre più senso e peso la proposta che il ministro degli esteri israeliano Libermann ha avanzato a Berlusconi: l’Ue inserisca i pasdaran nella lista delle organizzazioni terroristiche. Berlusconi, che si è schierato all’avanguardia in Europa tra i paesi su cui Israele può contare, ha aperto più di uno spiraglio a questa prospettiva, che avrebbe un enorme impatto. Innanzitutto segnerebbe uno schieramento di campo dell’Europa a fianco dell’Onda Verde e del regime change che persegue, perché la sua repressione è proprio opera dei pasdaran. Poi umilierebbe Teheran (i pasdaran sono il suo corpo d’èlite, legato alla “gloriosa” Rivoluzione). Infine avrebbe enormi impatto proprio sui programmi nucleari: i pasdaran sono infatti proprietari delle industrie che lavorano l’uranio e i missili e se fossero considerati terroristi, anche le aziende –comprese quelle italiane- che cinicamente li riforniscono, avrebbero enormi problemi, anche a organizzare triangolazioni di comodo con paesi alleati di Teheran.
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