..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

lunedì 12 aprile 2010

SPIRITO CRITICO

Karl Popper, nelle sue Congetture e confutazioni, introduceva così la dialettica.
«Il metodo con cui si ricerca una soluzione è normalmente sempre lo stesso: il metodo per prova ed errore. E si tratta, fondamentalmente, dello stesso metodo adottato dagli organismi viventi nel processo di adattamento. È chiaro che il suo successo dipende in gran parte dal numero e dalla varietà delle prove: più prove compiamo, più è facile che uno dei nostri tentativi abbia successo.
Possiamo descrivere il metodo impiegato nello sviluppo del pensiero umano, e particolarmente nella filosofia, come una particolare variante del metodo per prova ed errore. Gli uomini sembrano portati a reagire di fronte a un problema, o proponendo qualche teoria e aderendovi il più a lungo possibile (se è erronea possono anche perire con essa, piuttosto che disfarsene), oppure combattendola, una volta scopertene le deficienze. Questa lotta delle ideologie, spiegabile, ovviamente, nei termini del metodo per prova ed errore, sembra caratteristica di qualsiasi fenomeno legato allo sviluppo del pensiero umano.»

Questa constatazione, tanto logica da sembrare quasi ovvia, è in realtà una pietra miliare della storia del metodo scientifico e chiarisce inequivocabilmente la differenza tra l’approccio basato sulla ricerca e quello dogmatico. Vale la pena di ricordare che Popper scrisse il saggio sulla dialettica da cui è tratto questo passo nel 1937 e lo pubblicò nel 1940, quindi oltre 70 anni fa. Ma ancora oggi, tanto nel mondo scientifico quanto in quello sociale, assistiamo giornalmente a prese di posizione dogmatiche e prive del minimo spirito di critica.
Scendendo dall’empireo della teoria di Popper ai “guai” di tutti i giorni, sconvolge vedere come i processi logici che stanno dietro ai castelli accusatori di molti eventi da prima pagina rispecchino il completo ribaltamento di quanto il buon senso richiederebbe.
Nel caso di Farsopoli, poi, siamo al grottesco. Chi in questi anni ha seguito la vicenda sa bene come sia nata e si sia sviluppata. Quella storia ha radici lontane, ma è sufficiente ripartire dal momento in cui scoppiò il bubbone, nel 2006, per farsene un’idea. Il processo mentale dei colpevolisti fu il seguente: “La Juve ruba e Moggi è un ladro. Perché? Perché truccavano i sorteggi per ottenere arbitri compiacenti, a cui arrivavano regali”. Alle prime obiezioni riguardo l’imprecisione dell’accusa (i sorteggi non erano truccati e non ci sono tracce di regali ad arbitri da parte della Juve), i soliti noti variarono la forma, mantenendo la sostanza: “La Juve ruba e Moggi è un ladro. Perché? Perché mettevano nelle griglie gli arbitri amici, che contattavano mediante schede svizzere e ai quali non davano regali, ma venivano facilitati nella carriera”. Anche questa variante fa acqua da tutte le parti (non c’è nessun collegamento accertato tra schede ed arbitri, anzi ci sono clamorose prove a discarico e soprattutto è evidente che chi “aiutava” la Juve incorreva in gravi sanzioni disciplinari, mentre chi la danneggiava generalmente la passava liscia) e allora si arriva alla terza versione dell’accusa, quella più difficile da smontare, perché è talmente generica da non avere alcun riscontro con la realtà. Il linguaggio adottato recentemente dai farsopolisti è di una complessità ed un’artificiosità che ricordano quelle dei peggiori politici della “prima repubblica”. Si sente parlare di “illecito strutturato”, di “volontà a delinquere che non si concretizzava”, di una “cupola” a capo di un’associazione praticamente senza affiliati, in cui Giraudo dipendeva da Moggi, pur essendo nella Juve in una posizione più alta (tanto per farci un’idea: Giraudo aveva potere di firma, Moggi no, ma secondo gli ultimi sviluppi della teoria farsopoliana era il secondo che comandava il primo… mistero!). Insomma, la confusione regna sovrana. L’unico teorema che resta in piedi è sempre lo stesso: “La Juve ruba e Moggi è un ladro”.
La completa assenza di spirito critico da parte dei tanti ultrà travestiti da giornalisti è ormai evidente anche ai meno perspicaci. Ma è sorprendente lo scadimento a cui stiamo assistendo in questi giorni. Se la Rai mette in bella mostra (si fa per dire…) personaggi farseschi del (grosso) calibro di Galeazzi, Sky rilancia con l’ultrà giallorosso Caressa, l’onesto Bergomi e il voltagabbana ex-bianconero Vialli. Ma a sbancare, come al solito, è Mediaset, che può contare su autentici fuoriclasse della menzogna come Ziliani, Ordine e Liguori. Quest’ultimo rappresenta l’apoteosi dell’ottusità mischiata ad una bieca faziosità. È incredibile constatare la quantità di bandiere ed idee politiche che ha cambiato nella sua carriera, conservando sempre due caratteristiche che lo contraddistinguono: estremismo e mistificazione. Quando si parla di calcio, poi, mette in bella mostra le sue doti senza alcun pudore. Durante l’ultima puntata di Contro-Juve, la nota trasmissione che va in onda sulla rete più obiettiva della super-obiettiva Mediaset, Liguori si è lanciato nell’ennesimo attacco alla Juve dell’era Triade, inanellando una serie di perle degne di menzione alla mostra degli orrori . In particolare, nonostante l’esaurimento nervoso sull’orlo del quale sembra dovere precipitare da un momento all’altro, l’ultrà romanista riesce sempre a mischiare sapientemente notizie più o meno note a falsità conclamate, che spaccia per verità. E così, immediatamente dopo avere sentito un’intercettazione in cui Moggi chiedeva alcuni arbitri per le amichevoli estive, Liguori sentenziava: «La giustizia ordinaria e quella sportiva sono due cose diverse. Quella sportiva si basa sui sospetti e questa intercettazione è sufficiente!» . Strepitoso! E noi che pensavamo che le idee di Stalin fossero anacronistiche… Poi è capitato che Moggi telefonasse in trasmissione, per evidenziare che in quell’intercettazione si parlava di amichevoli, per le quali era prassi inviare un arbitro vicino al luogo della partita, per ridurre i costi. Liguori cos’ha fatto? Ha aspettato che Moggi non fosse più in linea, per chiudere in bellezza: «Delle intercettazioni non mi interessa niente, l’ho già detto! (Ma come, prima avevi detto in contrario!, ndr) La Juve è stata mandata in B perché avevano preso delle schede svizzere che poi hanno dato agli arbitri. E su questo nessuno mi può smentire». Forse nessuno lo smentirà, semplicemente perché ciò che dice Liguori ormai non interessa più neanche all’ultrà anti-juventino più accanito. Ma vale la pena di ricordargli un paio di aspetti. Primo. Che gli arbitri avessero le schede svizzere è ancora tutto da dimostrare: c’è un processo in corso e, anche se Liguori non vuole vederlo, molti dubbi stanno emergendo in tal senso. Secondo. La Juve non fu spedita in B per le schede svizzere, dal momento che il processo sportivo si svolse quando questa vicenda non era ancora stata ipotizzata.
Ma è inutile sollevare obiezioni a gente come Liguori o Galeazzi: chiedere a questi individui un’analisi seria di quanto accaduto sarebbe come convincere un albero a camminare. Lo spirito critico non fa parte dei loro processi mentali: una volta che hanno sposato una teoria, la difenderanno fino alla morte. Del resto, se non fosse così, probabilmente su certe trasmissioni non li inviterebbero neanche.

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