Le pagine più estremiste del giornalismo italiano, quelle sportive interiste del Corriere della Sera, dopo aver osannato per anni l’onestà morale di Roberto Mancini e le sue magnifiche doti di condottiero calcistico (Mancini era "l’allenatore che vince sempre", anche se arrivava sempre terzo), ieri hanno prodotto un miserabile trafiletto dal titolo "Mancini in tribunale perde la memoria". In sintesi ai redattori nerazzurri non va giù che l’ex allenatore prediletto, finalmente interrogato in un tribunale e non da loro medesimi, abbia detto che le accuse rivolte agli avversari di Torino erano chiacchiere da bar, cose che si dicono alla fine di una partita causa foga agonistica. I tifosi del Corriere non se ne capacitano e quindi Mancini "ha dato un contributo minimo all’accertamento della verità su come andavano le cose nel calcio italiano quando Moggi era d.g. della Juventus". Certo, la verità è quella che Recoba e Zamorano non battevano Ibra e Trezeguet perché c’era il lupo cattivo.
Delle due l’una: o i redattori della curva di via Solferino hanno prova che Mancini ha mentito sotto giuramento oppure Mancini ha dato un contributo massimo all’accertamento della verità. In ogni caso, non è giornalismo.
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