..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

martedì 25 maggio 2010

ROSSI DI VERGOGNA

Lo scudetto 2006 di Calciopoli, lo swap Ifilbanche, le frodi fiscali della Telecom Sparkle... Non c'è vicenda discussa, nell'olimpo della banca e finanza, in cui manchi da 30 anni il suo zampino. Ne ha viste e fatte più di Bertoldo, ma lui sopravvive alle tempeste, gli altri ci rimettono le penne. È Guido Rossi. Nemico di Enrico Cuccia, ha imparato l'arte da lui.
Nemico dei patti di sindacato, spesso questi si reggono però con le sue sottili interpretazioni, davanti alla Consob. Profeta della public company, ha visto il suo modello diventare in America moltiplicatore di bolle, grazie ai manager onnipotenti perché privi di azionisti capaci di controllarli.
Quando ci prova lui, come in Telecom, perde e passa la mano, pronto a sostenere in giudizio che Roberto Colaninno ha torto e Franco Bernabè ragione. Marco Tronchetti Provera molla il timone e a lui lascia la reggenza, convinto che si sarebbe opposto a Romano Prodi e avrebbe difeso l'intesa con Rupert Murdoch e Telefonica. Ma Rossi rilascia a Bernabè.

Dall'elogio dei pm passa a dire che i magistrati ci mettono del loro, nell'alimentare sospetti e disfattismo. Nemico del controllo familiare, fornisce un bel parere pro veritate a Gianluigi Gabetti che fece bene a turlupinare a nome degli eredi Agnelli le banche che avevano prestato miliardi alla Fiat.
Commissario della Figc nel 2006, quando al processo di Napoli si scopre che Calciopoli era così fan tutti dice che lui non c'entra con lo scudetto cucito d'autorità sulla maglia dell'Inter, la colpa è di Franco Carraro. Che però si era dimesso. L'America non gli piace, troppo affarista. L'Europa sbaglia tutto, e la Bundesbank ha ragione a dire che la Bce non deve comprare i titoli dei paesi a rischio.
A Giulio Tremonti non dispiace e spesso Rossi con lui concorda, ma con l'aria di chi anche lo boccia da sinistra. Perché lui è l'unico ad avere servito insieme monopolisti privati e pubblici, sempre lautamente pagato, ma con l'aria di chi lo ha fatto per convinzione e valori, mai per pecunia. Il denaro corrompe i deboli, ma lui solo è forte. L'unico che lo conta senza peccato, il maestrone dalla penna rossa.
di Oscar Giannino per Panorama

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