..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

mercoledì 19 maggio 2010

SCUDETTI AL PETROLIO

C’era ai miei tempi verdi una filastrocca che recitava all’incirca: olio, petrolio, benzina minerale per battere il (squadra x) ci vuol la Nazionale. In questo caso ad oggi dovremmo inserire l’Inter al posto della x, la Saras al posto del petrolio e contraddire la cantilena. Perché con la Nazionale di stavolta almeno all’apparenza certo non si batte l’Inter, il cui unico italiano vero anche se inconfondibile all’occhio è Mario Balotelli, lasciato a casa insieme con Cassano autolesionisticamente dal Ct Lippi all’apparenza (di nuovo) in uscita. Entro l’8 giugno dovrebbe firmare per il dopo-Sudafrica Prandelli, ormai ai ferri corti con la Fiorentina dei mercanti, oppure Ranieri, in stadio di avanzata preoccupazione per i conti fallimentari dell’Italpetroli che si divide con Unicredit la Roma dei Sensi.
Pensate che al dispiacere romanista per non aver concluso positivamente la “straordinaria galoppata” (ho virgolettato per sentirmi un vero giornalista sportivo manutentore di ogni più accreditato luogo comune…) dietro l’Inter, si accompagnano le considerazioni societarie in base alle quali a uno scudetto in meno si contrappongono gli stessi soldi, la stessa Champions ma un sostanziale risparmio sui premi tricolori. È insomma una faccenda anche petrolifera tra le prime due squadre del campionato. La terza, il Milan un po’ diroccato e un po’ ex in quasi tutto, tutto sommato ha arrangiato un campionato difficile, sta risparmiando sui conti e Berlusconi medita il gran ritiro, come gli consigliavano gli striscioni del Meazza di sabato scorso. Solo che il Cavaliere Inarrestabile vorrebbe vendere a qualche amico di Putin che non saprebbe che farsene di un Galliani invece espertissimo nelle vicende italiane emerse, immerse e sommerse, mentre il suo vice dalla scapigliatura generosa preferirebbe un acquirente arabo, un qualche sceicco che lo mantenesse al suo posto e al suo emolumento di manager dei calzoncini. Comunque nei due casi sempre di petrolio si tratterebbe...

Nel frattempo, senza troppe pagelle e con qualche giudizio, e risparmiandovi la mia abituale intemerata su Calciopoli (ma solo per ora, tranquilli…), mi congratulo perché se per festeggiare l’Inter si sono calcolati supporters nell’ordine dei cinquantamila, per la marcia della Pace tra Assisi e Perugia sfilavano in centomila in unità aristotelica di tempo e di azione se non proprio di spazio. Finché un Paese ha centomila persone arcobaleno quindi più numerose dei tifosi in piazza (ma temo che per la Roma al Circo Massimo sarebbero stati ben di più…), può almeno sperare di tornare ad essere civile.
Se il popolo della pace e quello del tifo si parlassero, questa speranza salirebbe di grado e spessore, un po’ come la differenza tra vincere lo scudetto o la Champions League. E sabato si parrà la nobilitate di Moratti, dell’Inter e di Mourinho, che pure hanno già vinto titolo e Coppa nazionale. Perché se batteranno il Bayern sarà trionfo completo, altrimenti la delusione della Roma a Verona al gol di Milito in confronto sarà stato un tripudio: oblitereranno di colpo tutti gli ultimi scudetti, si mangeranno mani e piedi, scopriranno che Mourinho, per di più orientato verso Madrid non solo per la finale ma per restarci da allenatore, non “è poi questo granché”, obietteranno che per Tronchetti Provera due cognomi sono troppi e per Massimo Moratti vale solo la dizione “il figlio di Angelo” ecc.
Si sa come è il tifo, specie se aspetta da 38 anni una dimensione continentale quest’anno via via meritata e benedetta alla fine dagli arbitri, esattamente come è successo al Bayern (povera Fiorentina, cornuta, mazziata e corvinata). José Mourinho, picaro di Setubal insieme direttore didattico dell’istituto Inter, manager e trainer, resta comunque la figura più interessante comparsa in Italia di recente, e forse fa bene ad andarsene se non si diverte abbastanza con l’ipocrisia e la “prostituibilità” dell’ambiente e della stampa, cui lui ha contrapposto una gestione mediatica della comunicazione formidabile. Ha dato all’Inter 2 scudetti, e fin qui Mancini aveva fatto lo stesso, la torta sulla ciliegina ma in quest’ordine sarebbe la Champions. Ha creato le condizioni statistiche di un filotto di 5 titoli, come la Juve sub specie mussoliniana e il Torino inter (minuscolo!) e post-bellico. Ha mantenuto coeso l’ambiente mentre tutto o quasi metteva in dubbio il recente passato, per cui personal-mente consiglierei di numerare 17+1 o 4+1 gli ultimi scudetti, perché quello di cartone o aggiudicato a un tavolino a tre gambe traballa fortemente. Ha fatto insomma tutto quello che doveva fare.
Come la Roma di Italpetroli e di Totti e Ranieri, come il Milan (ribadisco) con gli arbitri e Collina in saccoccia, come la Sampdoria di Garrone e della Erg (toh, il petrolio…) e il Palermo “soltanto” di Zamparini e Delio Rossi, che ha già comprato il bomber Pinilla. Grandemente deludenti la Juventus con una società assai peggiore della squadra e degli allenatori in corsa, e la Fiorentina cui i Della Valle e il laureato Corvino hanno dato una dimensione da bazaar nel centro storico.
Evviva il Rinascimento, se gli porta soldi in tutti i modi. Gli ultimi due mesi ci hanno fatto andare di traverso gli ultimi cinque anni. La Juve ha preso Marotta e Del Neri svuotando la Samp, la Fiorentina dopo aver regalato Pazzini metterà in panchina il figlio di Corvino: si farà nel tempo. Meno tempo c’è per la Nazionale. Sembra sgonfia in partenza, davvero la fotografia di un calcio malandato, vecchio, senza denaro e senza grandi stimoli, neppure quelli che quattro anni fa vennero generati da una voglia di amnistia preventiva, alla Mastella, per “lo scandalo degli scandali”. Adesso tutto è naturalmente come prima meno la maggior parte dei campioni di Lippi che hanno quattro anni di più. Dei giovani non se ne parla, l’importante è che il Barnum quadriennale funzioni con la ruota degli sponsor e delle tv.
Meno male che la marcia della Pace c’è e lotta assieme a noi…

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