Ultimamente qualcuno sembra essersi svegliato dal letargo. Proviamo a fare un passo indietro.
Paolo Bergamo. Sono quattro anni che denuncia le sue verità. Lo fa dove gli viene permesso, come all’interno del programma “la Juve è sempre la Juve”; lo fa attraverso un libro (Sono morto in una notte di luglio); lo fa attraverso le interviste e nessuno gli dà peso, nessuno ne chiede la verifica e le sue “dichiarazioni” rimangono per i pochi che hanno voglia di conosce la verità. Fino a poco fa. Poi le nuove intercettazioni risvegliano l’interesse, seppur in minima parte, dell’opinione pubblica e qualche timido approfondimento finisce anche sui quotidiani sportivi nazionali.
Massimo De Santis. Imputato a Napoli, ipotetico “associato” alla cupola, non solo ha da tempo parlato delle telefonate che riceveva da tutti, anche di quelle “al limite del lecito”, ma si è trovato costretto a ritrattare pubblicamente delle dichiarazioni per non subire la conseguenza di una querela per diffamazione portata avanti dai famigliari del defunto Facchetti, non potendo, all’epoca dei fatti, provare la veridicità delle sue affermazioni. Fino a poco tempo fa. Ricordiamo che De Santis, ammesso al processo Telecom, è stato oggetto di pedinamenti. Il processo non è quello di calciopoli, ma viaggia in modo parallelo anche con il mondo della giustizia sportiva, proprio come ha affermato l’ex legale di De Santis, Silvia Morescanti: «Il fatto che molte intercettazioni siano state escluse dall’inchiesta fa indubbiamente pensare. Più o meno come pensai quando mi accorsi che l’ufficio indagini della Figc era in possesso di atti processuali nei quali si diceva che molti arbitri furono pedinati per ordine di Moratti e da quegli atti non nacque nulla».
Coppola. Ex guardalinee, chiamato a testimoniare il 04 dicembre 2009 come teste d’accusa al processo calciopoli di Napoli, ha testualmente rilasciato queste dichiarazioni:«Quando su mia richiesta incontrai i carabinieri, questo episodio andava a toccare una società come l’Inter, che… Non lo so, trovai da parte dei carabinieri, in modo sbrigativo, ma assolutamente come dire…? L’argomento non gli interessava». «Mi fu detto: “A noi non risulta che l’Inter facesse pressioni. Non abbiamo registrazioni…”». Una testimonianza resa all’interno di un processo penale che ha occupato qualche riga il giorno della deposizione in aula e che poi è andata scemando nel dimenticatoio dei media. Fino a poco tempo fa. Oggi, questa dichiarazione insieme a molte altre ci permette di ricostruire quella verità così scomoda che ancora si cerca di occultare.
Ho fatto tre esempi per rendere chiara una situazione: c’erano da tempo tutti gli elementi per capire che la giustizia (sportiva e non) viaggiava con due velocità, c’era tutto per capire chi doveva essere protetto e chi invece condannato. Dichiarazioni inascoltate come quelle di Bergamo, denunce come quelle fatte da De Santis, omissioni come la mancata verbalizzazione delle affermazioni di Coppola.
Sarà forse un caso che Borrelli, Palazzi, Auricchio abbiano tutti mancato le stesse verifiche? Sarà forse un caso che la giustizia sportiva, la procura arbitrale, la figc non abbiano mai dimostrato interesse a saperne qualcosa di più?
Eppure oggi c’è chi è sorpreso e parla di una “giustizia sportiva malata”: mi riferisco a Ruggiero Palombo, che in un editoriale di qualche giorno fa scrive di “figli e figliastri”, per evidenziare come in alcuni casi vengano rese pubbliche delle situazioni ed in altri taciute per coprire “qualcosa”di poco chiaro (mancato deferimento a Moratti e Preziosi, per esempio).
Attraverso un articolo di Fulvio Bianchi , veniamo anche a sapere che M. De Santis è stato sentito venerdì scorso dalla procura arbitrale “per dichiarazioni non consentite”, dichiarazioni che l’ex arbitro fa costantemente da quattro anni e il giornalista si chiede: “la procura (arbitrale) non se ne è mai accorta: come mai si è svegliata solo adesso?”.
Come mai noi ce lo chiediamo da quattro anni, e tra cd non trovati, denunce omesse, documenti smarriti, memoria corta, protezionismo mediatico, ancora ci deve essere data una risposta convincente.
Anzi, la risposta la conosciamo da tempo. E’ solo che il troppo eccedere sta colpendo al contrario, rendendo palese, e questa volta agli occhi di tutti, la malafede.
Nessun commento:
Posta un commento