..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

mercoledì 30 giugno 2010

UNA NOTTE MAGICA

Ci siamo, questo mondiale è giunto al suo epilogo. Otto partite e poi calerà il sipario, su di un continente che c'ha raccontato la sua storia, i suoi colori, il suo modo di vedere il calcio, su di un Paese che solo quarant'anni fa era imbarbarito da violenze e crudeltà. 

A prescindere dall'esito finale, rimarrà il mondiale delle sud-americane, capaci di vincere e divertire, delle asiatiche, sempre pronte al sacrificio e all'umiltà, degli United States of America, quelli che un giorno saranno protagonisti grazie ad un'idea: Yes we can. Un mondiale che ha visto le africane infettate dalla stagione massacrante dei campionati europei, quest'ultimi lo specchio di quanto fatto (non) vedere da campioni del mondo, vice e aspiranti tali.
Eppure qualcosa non torna.
Cresciuto con un calcio che raccontava di ali, liberi e stopper, ho appreso dalla capacità giornalistica di allora quello che oggi scrivo sul football, assorbendo la voglia di raccontare uno sport, di enfatizzarlo, di farne un'astronave, pronta a portarmi via, per farmi vedere i miei marziani.
E allora trovo risposte. Mio figlio, quello che bambino lo era, non segue il calcio, non lo attira, non lo emoziona.
Lo trovo scontato. Cos'avrebbe a disposizione per potersi emozionare: il giornalista di turno che litiga con un tesserato? Oppure una Domenica Sportiva che è la sorella stupida di quella che guardavo? Per non parlare di "novantesimo", quello, Lui, mai potrà vederlo.
Ci mancherebbe, il calcio non è la vita, e mai ho pensato di plasmare mio figlio come un seguace di tiratori di punizioni, ma l'evidenza mi sta davanti. A Lui piace la musica, le ragazze, adora studiare, leggere; e allora trovo logico, e anche maturo, lasciare perdere i vari Abete, Palazzi e tutto quel sottobosco politicante che altro non ha fatto che far morire un movimento, trovo spontaneo non leggere un giornale sportivo, capace di raccontare tutto ed il contrario di tutto, ma sempre in grado di avere sponsorizzazioni redditizie e qualche scoop in anteprima. Trovo triste l'aver coltivato tutto questo.
Trovo amara la mancanza di quel giornalismo che sapeva raccontarmi di gesta eroiche, di pallonetti e rovesciate, come altresì aspra è la mancanza di investimenti, di progetti, di voglia e forza per rimettere in piedi un sistema che ha campato, per anni, grazie a chi è stato fatto, dallo stesso, miserabilmente fuori.
Forse un giorno sarà diverso, forse un giorno qualcuno tornerà a scrivere di tunnel, cross e gol, e altri, come me allora, inizieranno a coltivare una passione, a crescere con lo spirito dello sport, quello che potrà raccontare a figli e nipoti che in una sera d'estate africana una squadra è diventata campione del mondo... perché in Africa si sa, le notti sono magiche.

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