Né Di Pietro, né Travaglio; né Flores D’Arcais, né Santoro. Stavolta è stato Gianfranco Fini, presidente della Camera, che, forse per bloccare sul nascere le proteste del popolo delle “Agende rosse”, ha liberamente interpretato il senso dell’aggettivo “eroe” attribuito da qualcuno al mafioso Mangano.
Fini, pur di smarcarsi dalla maggioranza del PdL che sullo scranno più alto di Montecitorio lo ha messo, puntualizza un giorno sì e l’altro pure.
Eppure il Presidente dovrebbe ben sapere che Mangano è stato definito “eroe” non perché mafioso, ma perché - pur di fronte ad una prospettiva di futuro da trascorrere, fino alla “chiamata definitiva”, in una patria galera – ha scelto di non dichiarare quello che altri avrebbero voluto fargli rivelare in cambio di uno sconto di pena. Abbiamo già avuto occasione di scrivere che Mangano è stato condannato (appunto al carcere a vita) per quello che ha commesso, ma non ha accettato (ecco perché può essere definito “eroe”) un gioco “sporco” tramite il quale – mettendo in mezzo chi altri avrebbero voluto incastrare – avrebbe ottenuto qualche anno in meno di gattabuia. Si fa finta di non capire (vero Presidente Fini?) che Mangano ha rifiutato il ricatto, scontando la sua pena ed è pure deceduto. Non piace il termine “eroe”? Usiamone pure un altro, ma il senso non si modifica perché si è di fronte ad un uomo che ha scontato per intero la pena alla quale era stato condannato senza, necessariamente, coinvolgere qualcun altro per ottenerne una riduzione. Lo vogliamo definire “individuo dotato di attributi”? Se più piace…
Eppure il Presidente dovrebbe ben sapere che Mangano è stato definito “eroe” non perché mafioso, ma perché - pur di fronte ad una prospettiva di futuro da trascorrere, fino alla “chiamata definitiva”, in una patria galera – ha scelto di non dichiarare quello che altri avrebbero voluto fargli rivelare in cambio di uno sconto di pena. Abbiamo già avuto occasione di scrivere che Mangano è stato condannato (appunto al carcere a vita) per quello che ha commesso, ma non ha accettato (ecco perché può essere definito “eroe”) un gioco “sporco” tramite il quale – mettendo in mezzo chi altri avrebbero voluto incastrare – avrebbe ottenuto qualche anno in meno di gattabuia. Si fa finta di non capire (vero Presidente Fini?) che Mangano ha rifiutato il ricatto, scontando la sua pena ed è pure deceduto. Non piace il termine “eroe”? Usiamone pure un altro, ma il senso non si modifica perché si è di fronte ad un uomo che ha scontato per intero la pena alla quale era stato condannato senza, necessariamente, coinvolgere qualcun altro per ottenerne una riduzione. Lo vogliamo definire “individuo dotato di attributi”? Se più piace…
Invece, al Presidente Fini e al vicepresidente (finiano) della Commissione nazionale antimafia, Granata, sommessamente chiediamo: ci potete cortesemente far sapere a chi vi riferivate con frasi del tipo «può capitare che all’interno delle istituzioni vi siano delle personalità che non sono all’altezza del ruolo che è stato loro richiesto», oppure «ci sono pezzi dello Stato, del governo e della politica che fanno di tutto per ostacolare le indagini sulla strage di via D’Amelio e creare condizioni di delegittimazione della magistratura»?. Anche in questo caso sarebbe questione di attributi.
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