..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

martedì 27 luglio 2010

VIVERE ROCK IN THE CASBAH

Fosse solo un parlare di noi stessi, sarebbe molesto. Fosse solo per rispondere a quattro presunti intellettuali della musica nazional-popolare per eccellenza, saccenti conformisti, che si sentono colti sol perché stolti, sarebbe mortalmente noioso. Parlare della storia, della Casbah, è ancora troppo presto: vuoi perché la carta d'identità è ancora distante dall'essere maggiorenne, vuoi perché coloro che giorno dopo giorno si prodigano alla sua realizzazione, anziché la storia vogliono scriverne la leggenda.

E allora è meglio ripartire da dove c'eravamo lasciati, con i racconti sulla "Pigna", il primo nucleo cittadino sanremese che si difese dagli attacchi dei pirati Saraceni, con la scommessa che Sanremo, la Sanremo della musica, conquistasse i propri giovani, le piazze, le terrazze di San Costanzo, il centro storico, in un susseguirsi di note e di arte.
La musica è l'unica macchina del tempo che questa vita ci concede, il Rock il nome che ha rappresentato l'inquietudine della generazione invisibile, che ha fatto arrabbiare i nostri padri, che c'ha fatto "sudare" i primi concerti. 
Il Rock si è portato dietro la nomea del "drogato", come i poeti maledetti, e ognuno di noi ha fatto a gara etichettandosi: chi con i capelli lunghi, chi con l'aria da vagabondo; e a quindici anni lo credi davvero, perché lontano dalle ore di matematica e italiano c'era un mondo da azzannare, da sbranare. Ascoltando Rock.
Il Rock ha dato anima a storie clandestine, raccattate in mezzo alla strada, dove si vince e si perde. Romantico e balordo ha fatto fare l'amore in macchina, offrendo suoni e parole per andare oltre, o almeno per provarci. Ha bucato la notte di intere generazioni, manifestandosi nella speranza di fare qualcosa da raccontare ai posteri.
C'era il Rock nei momenti di rabbia, ribelle in una ribellione che non si è mai fatta acciuffare, politicizzare. Non è mai stato politico, il Rock, anche se era il più politico di tutti, il più sociale, con la sua voglia di mettere la fantasia al potere.
Il Rock non ha mai avuto bisogno di giovanilismo, perché le sue canzoni sono invecchiate con chi le ha cantate, con chi le ha scritte e suonate, e con chi oggi ancora le ascolta. 
Il Rock ha una sua morale, pur non avendo fatto morali, non ha preteso di essere maestro, né un modello da imitare.
Chi nella vita ha provato ad attaccare un jack ad una chitarra, ha tirato le pelli ad un tamburo, ha acceso un microfono, almeno una volta è passato dal repertorio del Rock; Chiellini e Cheguevaristi, Yuppis, Leghisti e Centri Sociali, tutti uniti senza doversi sentire sdoganati a destra o sinistra.
Stasera nella Casbah ci saremo tutti, dentro il catino, soffocati fino a farci mancare il fiato. 
Ci saremo tutti: noi della generazione dell'accendino, delle musicassette e dei vinili; ma ci saranno anche i nuovi "garsunetti", quelli della generazione del video-telefonino, dell'Mp3 e dell'I-Phone. 
Ma lì tutti insieme, accomunati da un'unica grande e viscerale passione: il Rock.
Adoro il Rock e non accetto le critiche, infatti non né scrivo. 
Scarpe ai piedi fremo per andare a vivere Rock in the Casbah, per conquistare, con il Rock nell'anima, piazze, vie e terrazzi, per poter far parte, un giorno, di una leggenda creata dalla passione di chi, romantico e balordo, ha creduto nella musica. Naturalmente Rock!

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