..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

mercoledì 29 settembre 2010

REPORT: PARTIZAN BELGRADE 1-3 ARSENAL



Quando l'Arsenal decide di fare l'Arsenal, a prescindere da chi scenda in campo, lo spettacolo è assicurato, in ogni sua sfumatura, nonostante le premesse non assicuravano niente di buono. Stadio gremito in ogni ordine di posto, bandiere bianconere ovunque, ed un'incessante, costante e assordante tifo che ha accompagnato l'intero match, anche sull'1-3, anche quando l'arbitro ha fischiato la fine dell'incontro.
Eppure i boys di Wenger (in campo ancora una volta ragazzi nati tra l'85 e il 1990) hanno affrontato la gara come dei veterani, lasciando sfogare i serbi nei primi dieci minuti (peraltro senza soffrire) e colpendoli, con Arshavin, alla prima palla giocata: uno-due in area di rigore, colpo di tacco smarcante di Wilshere e pallone in fondo al sacco su stoccata del russo numero 23.
Qui è uscito quell'Arsenal che non vorresti mai vedere, o meglio, che vorresti vedere per la mole e la qualità di gioco espressa, ma che non dovrebbe vanificare una prestazione sopra le righe per mancanza di cinismo.
Ed ecco il pareggio, su rigore, per un'ingenuità di Denilson. La ripresa non ha mai avuto storia, con i Gunners padroni del campo e del gioco, capaci di trame offensive modello Playstation versione "hard".
In cattedra è salito Chamack, migliore in campo e sempre più inserito nel gioco di Wenger, autore del gol del vantaggio e di giocate che hanno permesso alla squadra di muoversi in maniera quasi perfetta. Squillaci ha chiuso definitivamente i conti, mentre Fabiansky si è tolto la soddisfazione di parare un calcio di rigore a pochi minuti dal termine. La qualificazione agli ottavi di finale, con il primo posto nel girone a punteggio pieno e una differenza reti di +8, è oramai cosa fatta, ora non resta che recuperare qualche energia, un po' di fiducia dopo la battuta d'arresto contro il W.B.A., e prepararsi mentalmente alla sfida di domenica pomeriggio, quando a Stamford Bridge, discorsi e parole lasceranno posto al campo.

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