Con l’eccezione del caso WikiLeaks, su cui il presidente americano ha enormi responsabilità, questa che si chiude è stata una settimana molto positiva per Barack Obama. Formidabile, addirittura. Da segnarsela sul calendario. Forse, in questi ultimi sette giorni, è iniziata davvero la presidenza Obama. Un nuovo inizio. Il primo vero e concreto passo verso il compimento delle sue più ambiziose promesse elettorali. Sì, d’accordo, Obama aveva giurato di far scadere i tagli fiscali di Bush per i più ricchi, aveva annunciato che avrebbe chiuso Guantanamo entro l’anno scorso e aveva anche assicurato che avrebbe cancellato la legge che limita l’arruolamento dei gay nell’esercito. Non ha fatto nessuna di queste tre cose, il presidente. Non c’è riuscito.
Ma questi erano soltanto dettagli del suo programma, piccoli particolari della sua agenda elettorale, minuzie rispetto alla portata rivoluzionaria della sua traiettoria politica e personale.
Obama non è stato eletto per aumentare le tasse ai ricchi, per chiudere il carcere antiterrorismo o per consentire ai militari di dichiarare il proprio orientamento sessuale. È stato eletto per riscattare il sogno americano.
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