..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

sabato 9 aprile 2011

MATCH PREVIEW: BLACKPOOL - ARSENAL

"I will fight to the end of the season to reward these players". Credo che bastino queste parole, uscite dalla bocca di Arsène Wenger nella conferenza stampa del venerdì, per capire a che gioco stiamo giocando, cosa andremo a fare a Blackpool e con quale convinzione, manager e giocatori, affronteranno il finale di stagione. Ha ragione Max quando afferma che qualcuno ha avuto l'abilità di reinventare il senso delle parole di Wenger, usandole a proprio uso e consumo, dicendo che l'Arsenal si sarebbe accontentato del secondo posto, frase che messa cosi ha un senso di rassegnazione e di sconfitta. Invece, il senso, non da interpretare ma più semplicemente da ascoltare, era che in questo momento bisogna essere contenti della posizione occupata, che in molti, per non dire proprio tutti, avevano sentenziato ad inizio stagione una classifica fuori dalle prime cinque. Wenger sa quel che dice, conosce i propri uomini, è razionale quando afferma che: "If there is a team that is better than us then we have to accept it. But I believe we do not have to be ashamed at the moment of what we have done.".

E allora tutti a Blackpool, ad iniziare la risalita, a mettere in campo tutto quel che sarà possibile per il raggiungimento del titolo, quello che, in questi sette giorni, è stato su più fronti ritenuto impossibile per mancanza di attributi e qualità, ritenute, dai media e dai "tifosi", il vero handicap di questa squadra, al punto che s'è messa in discussione anche la professionalità e le capacità di Arsène.
A volte mi piacerebbe vedere l'Arsenal senza Wenger, senza il tipo di programmazione attuata in tempi non sospetti, senza l'aver creduto in persone come Fabregas, come Nasri, Arshavin e Jack Wilshere, quel giovanotto di soli diciannove anni con cui oggi tutti si riempono la bocca ma a nessuno sembri importare perché è lì, chi l'ha messo, chi ha creduto in lui. Forse è questo l'Arsenal che si meriterebbero in molti, se non tutti, una squadra infarcita di nomi da giornale che ad agosto sembra pronta per vincere il titolo, la Champions e la FA Cup, e che invece, regolarmente e come sta accadendo a coloro che hanno speso milioni di pound, farà fatica a raggiungere un posto valido per la griglia di partenza della prossima Coppa dei Campioni.
Personalmente, tutte queste persone, fanno un po' tristezza. Quest'anno, e con ancora una competizione da onorare, l'Arsenal ha superato di gran lunga tutti gli obbiettivi prefissi, è maturato ulteriormente rispetto alla scorsa stagione, ha, con tutti gli effettivi in campo, sconfitto squadre come il Barcelona, messo sotto la bestia nera Chelsea, raggiunto una finale di Carling, un quarto di finale di FA Cup, dimostrando, con il gioco e la determinazione, di essere giunto al bivio: quello che a breve potrebbe cambiare radicalmente la storia mondiale del football. Lo scrivo da tempo immemore: l'Arsenal "vero", quello che potrebbe rischiare di dominare il futuro del calcio mondiale, è pronto, vivo. Gli anni di costruzione sono alle spalle, i momenti in cui s'è dovuto aspettare anche. L'Arsenal che ho visto quest'anno contro il Barcelona all'Emirates Stadium è quello che vuole Wenger, quello costruito da Wenger, quello che ha superato a pieni voti l'esame di maturità, quello che molti, forse, non vorrebbero, quello che tanti non meriterebbero.
Faccio un fioretto: da qui alla fine della stagione non prenderò più in considerazione un certo modo di intendere calcio, né faccio volentieri a meno. Domani, invece, farò quello che ho sempre fatto: sciarpa al collo e c'mon Gunners, perché un sogno non si può fermare.

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