stamane sono in vena di discorsi un po’ romantici, velati sicuramente di nostalgia, indubbiamente di parte, perché quando di mezzo c’è l’AFC è inevitabile non sentire il cuore battere forte per una storia lunga centoventicinque anni.
Ok, con il titolo mi sono comportato come quei giornalai (il termine giornalista appartiene ormai ad un’epoca che difficilmente tornerà) che usano il sensazionalismo per attirare più seguaci possibili ed incrementare le vendite del gioiello del proprio padrone. Io padroni per fortuna non ne ho e se ho usato come titolo di questo editoriale “Fabregas torna all’Arsenal” è stato semplicemente per trascorrere un week-end senza Premier con l’ausilio di una discussione un po’ più pepata del solito.
Fabregas o non Fabregas credo sia opportuno partire con una premessa.
In questi ultimi anni molti dei nostri così detti uomini di punta hanno preferito, ognuno con le proprie ragioni (soldi in primis), lasciare il Club e trasferirsi altrove, aggravando tale decisione con la solita frasetta ciclostilata riguardante il voler ambire a titoli e coppe. Detto che tutti insieme con la maglia dell’Arsenal non sono stati capaci a realizzare quello a cui tanto tenevano, è oggettivo che alcuni di loro sono riusciti nell’intento di raggiungere alcuni obbiettivi. Vedi Clichy e Nasri con il City, vedi Cole con il Chelsea, vedi Fabregas con il Barca; vedremo quest’anno van Persie con lo United e Song con i catalani. Però, se si esclude Ashley con i Blus, per cui è realmente diventato una bandiera ed un punto di riferimento assoluto, tutti gli altri, pur vincendo di squadra, hanno svolto un ruolo da comprimari nei rispettivi Club, perdendo di fatto quella popolarità e soprattutto quel ruolo che avevano in campo con i colori dell’Arsenal Football Club.
Detto in parole povere: Clichy non ha più avuto la titolarità del ruolo, Nasri s’è dovuto più volte accontentare della panchina, Fabregas ha dovuto, se voleva disputare qualche minuto sul terreno di gioco, posizionarsi in un ruolo a lui certo non congeniale.
Proprio Fabregas, quello a cui tutti eravamo affezionati e per il quale avremmo fatto chissà quale pazzia, l’oggetto della discussione di oggi.
Pensiamo solamente a chi era e come veniva considerato non meno di 18 mesi fa: un leader incontrastato, il centrocampista più forte in circolazione, una carriera, con la maglietta dell’AFC, che avrebbe fatto storia, che avrebbe fatto leggenda. A Londra era un’icona, un personaggio, il calciatore che avrebbe messo nell’ombra gente come Iniesta, Xavi e compagnia cantante. A Barcellona, purtroppo per lui e nonostante la stima profonda sempre espressa da uno come Guardiola, a fare da panchinaro a Busquets e Mascherano, senza contare che dall’oggi al domani le luci sotto cui è sempre stato illuminato si sono improvvisamente spente, lasciandolo, da catalano, quasi nel dimenticatoio.
In questi giorni sui social network italiani sono nate alcune discussioni sul possibile ritorno di Cesc a Londra, naturalmente sponda Arsenal, e sul malcontento espresso proprio dall’ex capitano dei Gunner riguardante il suo soggiorno nella sua terra natale, sopratutto dopo l’avvento di Tito Vilanova alla guida dei blaugrana.
Fantacalcio, Fantamercato, Fanta e Coca-Cola.
Cosa ci possa essere di vero in tutto questo credo che solo nella testa di Fabregas si possa trovare una risposta, se questa mai ci sia, insidacabile e oggettivo è il fatto che Cesc a Barcellona non abbia trovato realmente quello che lui cercava (Copa del Rey e la FIFA Club World Cup escluse) e soprattutto abbia perso quella leadership in campo e fuori che a Londra s’era faticosamente conquistato.
Un suo ritorno in maglia Arsenal, al momento, rimane un sogno romantico, nostalgico, sicuramente di parte, ma sono sicuro al 100% che ognuno di noi lo riaccoglierebbe a braccia aperte, per ricominciare una storia che non è, e mai sarà, finita.
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