..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

domenica 31 marzo 2013

SENZA "AMICI"

L'attuale mancanza di Governo ha radici giovani, fresche, immesse nella scena politica non meno di tre mesi fa, quando due euro, una tessera e i vari legami con tutti gli apparati decretarono tra le fila del Partito Democratico battitore "libero" Pier Luigi Bersani. Il giorno dopo, e la storia sta a li a testimoniarlo, gli impresentabili trovarono in un loro simile il motivo per credere nella rimonta, raggiunta puntualmente alla conta dei voti. Il non Governo, la non sfiducia a quello (in)esistente, i dieci saggi, confermano una volta di più il non volere cambiare le cose, il rimanere legati a concetti e modi di fare appartenenti ad un passato che gran parte dell'elettorato non vuole più, elettorato che dovrebbe eleggere e invece si vede costretto a subire le nomine.
Poi c'è un personaggio, colui su cui il centro-sinistra avrebbe dovuto costruire il proprio futuro, e in parte quello del Paese, che nella giornata di ieri ha iniziato la conta alla rovescia. Matteo Renzi.

Lo sconfitto di fine anno 2012 ha in questo momento la possibilità di rientrare in pista. Renzi è stato un coerente nei giorni post-primarie, confermando che qualunque risultato fosse uscito l'ultima cosa sarebbe stata la polemica, infatti polemica non ne ha fatta, nemmeno ricorsi, pur potendo. L'attuale Pd di sponda bersaniana, nonostante alcuni titoli di questa mattina dicevano il contrario, non ha più senso di esistere: non ha presentato un programma elettorale; ha ribadito la solita linea: mettersi contro qualcuno, perché a governare non è capace; ha avuto un finto incarico per allungare il brodo, d'altronde Napolitano l'aveva capito da tempo. L'attuale problema non sarà far convivere Vendola con il Principe Azzurro, li basta dare una poltrona ad entrambi, ma reggere l'urto dalle scosse provocate dalle forze interne disomogenee e conflittuali. Nemmeno il rospo della favola ci riuscirà.
Al Pd di marca renziana gli basteranno due cose: tenere duro sul programma e incarnare il credo dei pentastellati: mai con nessuno. D'altronde non è stato Bersani a calciare fuori il rigore a porta vuota, è stato il centro-sinistra a scegliere il tiratore sbagliato, puntando su di una continuità post comunista, suicidandosi politicamente.
Ora. Renzi può anche aver giocato con il fuoco, perché non entrare in pista quando gli altri erano palesemente ai box e con le ruote bucate, può essere stata la classica occasione persa. 
Ma è altresì vero che si sarebbe dovuto mettere a correre con le imposizioni decise da fuori.
Il post-saggi sarà senza dubbio il momento per irrompere, portandosi dietro una fetta rilevante di voti di sinistra, quelli che hanno sbagliato a votare i 5 stelle, altri che se ne sono stati a casa e, seppur tornati a percentuali più che discrete, anche quella parte particolare che se ne sta a guardare a destra.
Ieri sera è andata in onda la prima puntata: "...fino ad oggi troppo spesso si è trovato lavoro non per il talento ma per raccomandazione...". In questa frase sono racchiusi quei quasi tre milioni di voti che hanno separato a dicembre chi avrebbe avuto la capacità di governare e chi invece aveva il compito di mettersi contro qualcuno.
Certo, l'apprezzamento renziano fine 2012 non è paragonabile con il nulla berlusconiano di quell'epoca e il 25% di un mese fa. Questo è palese. Ma con il suicidio politico di Bersani, a meno che in tempi brevi (e credo di escluderlo) con una nuova coalizione Sel + il prossimo paladino del comunismo onirico il Pd non decida di riprovarci (a perdere), è l'unica alternativa plausibile per la composizione definitiva di un Governo duraturo.