Osannato, idolatrato, ricercato. Poi il salto nel buio, per problemi di comunicazione per la voglia di sperimentare, per sentirsi, oltre che campione, campione a strisce tricolori. Un salto finito nel vuoto, dove molti sarebbero rimasti, dove tutti, anche leggendosi la carta d'identità, avrebbero detto basta, stop, quel che dovevo scrivere gli altri non smetteranno mai di leggerlo. Ma lui è sempre stato un diverso, uno che con un sorriso ha risolto mille sfide, mettendoci del suo, rimettendoci di tasca sua, sempre. E allora via, nuova avventura, dejavu in sella alla giapponese meno attraente. Ancora in sella, a piegare, sudare, guardando il cronometro per tutto l'inverno, senza farsi troppo influenzare, perché l'obbiettivo era altro, ambito. Pronti via ed è di nuovo lui, se mai non lo fosse stato, settimo, quinto, barra a dritta per risalire la china, come non gli accadeva da tempo.
L'errore da vecchio centauro arrugginito la scintilla che ha innescato il conto alla rovescia. E allora giù, testone piegato fin sul cupolino, sotto il cupolino, a scandire tempi, abbassandoli sempre di più, tagliando traiettorie, infilando cordoli, mettendo pressione a quelli davanti, scappando da quelli che fino a sei mesi fa gli pinzavano di fianco. Settimo, sesto, quinto, a ridosso dei tre che si contendevano il podio. Quattro secondi, poi tre, due, uno, pochi centesimi fino all'aggancio, dove tutto s'era ormai capito, dove tutto era chiaro, limpido, come la sua classe, come la bellezza che offre ogni volta che abbraccia la sua donna, quella che anche quando smetterà non tradirà mai. Quarto, terzo, secondo, facile, come mangiare una piadina, girando gli ultimi otto come nessuno in pista, come lui sapeva fare. Dal buio della sabbia s'è fatta avanti una luce, dal vuoto è riemerso lui, per il bene suo, di tutti noi, del Motomondiale. Domani sarà di nuovo osannato, idolatrato, ricercato. Valentino Rossi is back.