..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 6 giugno 2014

"EL NARIGóN"

Il colonnello Ramón Estomba, agli ordini del governatore della provincia di Buenos Aires, Juan Manuel de Rosas, fondò, l'11 aprile del 1828, la "Fortaleza Protectora Argentina", un estuario dove sfocia il fiume Naposta. Con il tempo la località divenne un importante centro commerciale dopo che gli inglesi vi fecero arrivare nel 1885 una linea ferroviaria da Buenos Aires, facilitando il commercio del grano.
Il colore tipico del sale che ricopre i terreni lungo la costa diede i natali al nome della città che tutti noi oggi conosciamo come Bahía Blanca. La popolazione Bahiense è un esempio tipico della composizione demografica della Pampa argentina: luogo del periodo coloniale che nella seconda metà del XIX secolo sperimentò una crescita demografica massiva, dovuta allo stabilimento di immigranti europei dell'epoca. Per questa ragione attualmente la stragrande maggioranza della popolazione della città è composta di argentini discendenti da europei, tra i quali predominano gli italiani, seguiti da irlandesi, inglesi, spagnoli e tedeschi. In mezzo a questi una storia, partita dalle Marche. 
Jorge è sempre stato uomo appassionato di sport, e anche grazie alla cultura e alla tradizioni i figli Leandro e Sebastian ne seguiranno le orme. A Bahía Blanca però la passione e la popolarità non sposano il calcio, come nella stragrande maggioranza delle città argentine, ma la pallacanestro.
I Bahiensi vivono con il sogno di riuscire a sfondare e diventare grande cestisti. Grazie ad un numero considerevole di società, nell'ultimo mezzo secolo sono stati prodotti un'infinità di buoni giocatori a livello europeo. Jorge allenava il Club Bahiense del Notre, una delle tante squadre di Bahía Blanca, e Leandro e Sebastian ne erano tra i principali protagonisti. La famiglia di Jorge era composta, oltre che da Leandro e Sebastian, da un ragazzino tutto pelle e ossa. Alto il giusto, ma dalla corporatura fragile.
In lui crede Oscar Sanchez, il suo mentore e allenatore, che gli insegnerà a palleggiare ad occhi chiusi, ad usare il braccio opposto e a tirare dalla lunetta.
Quel ragazzino a quindici anni  prova a far parte della selezione locale, con esiti a dir poco catastrofici. Nessuno lo vuole, nessuno lo nota. 
Gli anni passano.
L'altezza continua a non essere un problema, ma i chili si. A 18 anni la sua statura raggiunge il metro e 96, ma i chili continuano a rimanere pochi, troppo pochi: 80.
In quel periodo la conoscenza di Marianela gli offre quegli stimoli che fino a quel momento erano mancati.
Il ragazzino pelle e ossa lascia la sua Bahía Blanca e si trasferisce a La Rioja dove inizia la sua scalata al successo. Riesce a guadagnare qualche minuto e debutta nella massima serie argentina, assicurandosi il titolo di miglior rookie. Il suo nome inizia a essere conosciuto e l'Estudiantes gli offre un contratto. A 19 anni gioca per uno dei massimi club argentini proprio nella sua città con Marianela al suo fianco.
La traversata cestistica di "El Narigón" non conosce confini. Bahiense del Norte, Andino Sport Club, Est. Bahía Blanca, Viola Reggio Calabria, Virtus Bologna.
Vince di tutto. In Italia, in Europa e con la propria Nazionale.
Per molti aveva fatto fin troppo, superando persino in popolarità i due fratelli. Tutti si sarebbero sentiti realizzati ma il ragazzino pelle e ossa era destinato a ben altro.
In Italia offre prestazioni sopra le righe. A Reggio Calabria centra la promozione in A1 e qualcuno da oltre Oceano s'accorge di lui.
Il Draft Nba del 1999 lo vede in chiamata al numero 57, in quello che sarà uno dei maggiori Draft Steal della storia della Lega. RC Buford, contro ogni pronostico chiama "El Narigón" per i San Antonio Spurs.
Rimane però ancora a Reggio, dove scrive pagine memorabili per la compagine calabrese, che nella sorpresa generale, arriva a ripetere il risultato sportivo conseguito nel 1993: semifinale sfiorata e quinto posto assoluto alla fine dei play-off. Il risultato della Viola, contribuisce a segnalarlo come una delle guardie più esplosive del Campionato Italiano. Volendo affiancare alla stella Danilovic un giocatore dal grande potenziale, la Virtus Bologna decide di mettere sotto contratto la guardia argentina. 
Poi il colpo di coda, quello dei predestinati. L'improvviso ritiro di Danilovic a soli 30 anni gli apre le porte del quintetto base.
A Bologna cominciò a migliorare in modo esponenziale, tanto da essere indicato come giocatore più migliorato nel corso dell'anno 2000, diventando la punta di diamante di una squadra formidabile capace di vincere, nella sola stagione 2000-01, campionato italiano, Coppa Italia ed Eurolega, la cosiddetta Triple Crown. Durante il periodo nel quale ha giocato a Bologna ha fatto parte per tre volte dell'All Star Game italiano. L'anno dopo con la Virtus rivince la Coppa Italia, ma non riesce a confermarsi in Eurolega (sconfitta in casa col Panathinaikos) ed in campionato (fuori in semifinale), ma già è attirato dall'esperienza all'estero, nel mondo della NBA.
Il Campionato del Mondo di Indianapolis, in cui la sua Argentina arriva alla finale persa contro la Serbia di Predrag Stojaković, è il trampolino di lancio ideale.
"El Narigón" sbarca negli Stati Uniti nell'estate del 2002, e da quel momento diventerà per tutto il mondo Emanuel David "Manu" Ginóbili Maccari.
Ieri notte ha giocato la sua partita a stelle e strisce numero 971, la numero 176 della post-season, scendendo in campo per la sua quinta finale Nba.
Nei 32 minuti in cui è stato chiamato in causa ha realizzato: 16 punti (5-10, 3-6, 3-3), 5 rimbalzi, 11 assist, 3 rubate e una stoppata, chiudendo la serata con un fantascientifico +22 di bonus/malus, e portando i San Antonio Spurs ad aggiudicarsi per 110-95 contro i Miami Heat il primo degli episodi delle Finals 2014.
Non dimenticate da dov'è partito "El Narigón". Non dimenticate Marianela, quella ragazza che nel 2004 è diventata sua moglie, non dimenticate di suo padre Jorge, non dimenticate di coach Sanchez. Non dimenticate delle partitelle con i suoi fratelli, non dimenticate della palestra di Reggio, non dimenticate gli anni d'oro alla Virtus.
Non dimenticate della 57esima chiamata e di tutti quelli che dicevano che era troppo magro, fragile, che mai avrebbe sfondato. Non dimenticate che in molti l'avevano etichettato come uno che non ce l'avrebbe mai fatta. Non dimenticate quando coach Gregg Popovich disse di lui: "E' la persona più competitiva che io abbia mai conosciuto".
"El Narigón" non se lo è mai dimenticato, e infatti eccolo lì. 
Contro i campioni in carica, contro LeBron, contro la carta d'identità, contro tutto e tutti, da Mvp di gara-1 delle Finals Nba 2014.

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