..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

sabato 12 luglio 2014

LE (prime) NOTE DEL MIO 2014

Sei mesi musicali sono passati ed una prima stesura su ciò che è stato prodotto in questo 2014 è d'obbligo.
I Led Zeppelin sono ancora sulla cresta dell'onda, e nonostante alcune turbolenze che vedono da una parte la volontà di Page e Bonham Jr. di riunire il gruppo e dall'altra l'assoluta contrarietà da parte di Plant (a Jones va bene tutto), la Rock Band che ha cambiato radicalmente la storia della musica ha lanciato sul mercato una vasta riedizione dei primi tre album: Led Zeppelin, Led Zeppelin II e Led Zeppelin III.
"The material on the companion discs presents a portal to the time of the recording of Led Zeppelin. It is a selection of work in progress with rough mixes, backing tracks, alternate versions, and new material recorded at the time” (Jimmy Page).
Tra ri-arrangiamenti, inediti ed esibizioni Live, l'elenco delle tracce è infinito.
Tre chicche che non potranno assolutamente mancare nella collezione degli appassionati del genere e della Band britannica.
Rimanendo in tema di Rock impossibile non spendere due parole sul nuovo lavoro di Jack White: "Lazaretto".
Potente, aggressivo. Il genio di Detroit ha fatto centro ancora una volta.
Il sequel di "Blunderbuss" è una moltitudine di emozioni, specchio dell'anima irrequieta del proprio compositore.
Musicalmente parlando in "Lazaretto" c'è di tutto, come la storia di Jack insegna. "High Ball Stepper", personalmente, la identifico come il manifesto della musica a stelle e strisce di oggi, rappresentata da uno dei suoi esponenti di maggior spicco.
A fine anno sarà sicuramente tra la mia personale Top.
E visto che abbiamo parlato di America perché non rimanerci?
Shreveport (Luisiana) il luogo che ha dato i natali a Kenny Wayne Shepherd. Il chitarrista, cantante e compositore statunitense ha saputo nuovamente offrire al Rock e al Blues quella miscelanza che tanti miti ha creato. 
Niente di particolarmente innovativo, ma uno stile preciso e coinvolgente che riporterà molti alle origini del genere.
Provare "The House Is Rockin'" per credere.
Ora ci spostiamo decisamente in direzione Hard-Heavy.
E come non cominciare con il diciassettesimo album in studio dei Judas Priest: "Redeemer of Souls". In uscita tra pochissimi giorni.
Ok. Per chi fa musica da una vita i paragoni messi in piedi da critica e pubblico stanno all'ordine del giorno. Meglio prima, meglio adesso.
Io la faccio sempre una questione di "vena". Se "batte" perché non comporre?
"March of the Damned" e "Dragonaut" confermano una volta di più la longevità di un gruppo che anche questa volta ha saputo mantenere alta la qualità della propria musica.
Ora il giro si fa decisamente più "pesante".
Ad iniziare sono i Down, con la seconda parte di "Down IV". Dopo il primo episodio non propriamente accattivante, ecco che la Band di New Orleans ha messo insieme trentasei superlativi minuti di southern, heavy, sludge e soprattutto doom; al sottoscritto tanto caro.
Non a caso l'opera ha visto la supervisione di Tony Iommi, e tutto, a me per primo, è risultato più chiaro.
Ascoltare senza se e senza ma "Conjure".
Poca importanza ha avuto il cambio alle 6 corde. La fluidità di Bobby Landgraf ha permesso a Kirk Windstein di muoversi in direzione Crowbar (“Symmetry in Black” che non citerò merita comunque particolare attenzione) in maniera indolore.
Si prosegue con i Kyng, toccando nuovamente la terra di Colombo. Costa Ovest precisamente.
I californiani questa volta hanno fatto quadrare il cerchio, riuscendo in studio a far trasudare tutta quell'energia che li ha portati dal 2008 ad oggi a calcare i palchi insieme a Megadeth, Trivium e Metallica.
Good things come to those who wait? Evidentemente si e l'intera opera conferma quell'oliatura capace di affinare il talento di un gruppo che sembra davvero aver trovato una propria identità. Golosamente non vedo l'ora di ascoltare il loro prossimo lavoro.
"Electric Halo", rimanendo in zona Sabbath, la "carota" che non mi farà perdere di vista i ragazzi di Los Angeles.
Siamo in dirittura d'arrivo. Li ho visti dal vivo e questo potrebbe essermi già bastato per proclamarli autori del miglior album dell'anno. 
Consapevolmente sono conscio che la loro performance Live mi è influente, ma sempre consapevolmente non posso fare a meno di considerare "Catacombs of the Black Vatican" un concentrato di pura adrenalina.
Nessun punto debole nell'opera di Zakk Wylde e dei suoi Black Label Society, dove personalità e forza si avvitano a tutti i quarantacinque minuti di riff, ballads e quello spirito tipicamente southern.
Volete godere dei ritmi lenti? Angel of Mercy vi trasporterà. Volete darci di headbanging? La potentissima "Damn the Flood", sostenuta da un riff a dir poco furioso, vi lascerà senza fiato.
Il consiglio è uno solo: provatelo. Per la probabile e successiva dipendenza rivolgetevi a Jeffrey Phillip Wielandt.
Chiusura un po' anomala, ma particolare.
La critica ha sentenziato un "ni". D'altronde da quelli bravi ci si aspetta sempre qualcosa di più.
Personalmente l'ho trovato pronto, il Punk, al mio orecchio e con una componente comunicativa forte.
"Transgender Dysphoria Blues" degli Against Me! è un concentrato di denuncia e di desiderio di svolta. A partire dal titolo dell'opera.
Esplicito ed autobiografico, concepito da Gabel dopo la scelta, resa pubblica nel 2012, di vivere la propria sessualità come donna transgender e di chiamarsi legalmente Laura Jane Grace.
I contenuti, forti, sarcastici, delicati, sono concentrati sul muro alzato dalla società nei confronti dei diversi, a prescindere dalle categorie.
Discriminazione e pregiudizio la fanno da padroni.
Alcuni hanno avuto l'ardire di paragonarlo al concept "Berlin" realizzato da Lou Reed, di sicuro la viscerale e trascinante performance di Gabel, concepita su un tema tanto delicato e personale, rende questo quinto album degli Against Me! un'occasione da non farsi mancare.

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