Morning Gooners,
il mio personalissimo commento a caldo dopo il triplice fischio finale del match contro i ragazzi di Steve Bruce è stato il seguente: "Mi avete fatto rimanere in trance agonistica fino al novantaseiesimo minuto. E anche oltre. C'avete messo tutto quello che avevate, e, probabilmente, anche quello che non avevate".
A freddo, dopo che la nottata è passata, non cambio una sola virgola di quanto pensato ieri.
Oggi però, nel guardare la classifica, l'ottimismo fatica a prevalere sul pessimismo.
In una giornata dove si sarebbe potuto guadagnare qualcosa sugli avversari diretti per la conquista del titolo è accaduto l'esatto l'opposto. Il City ha travolto il Tottenham, mentre la banda di Mourinho è andata ad espugnare Selhurst Park. Il divario adesso comincia ad assomigliare sempre più ad una voragine: -11 dai Blues e -6 dai Citizen.
Colmabile? La logica mi dice di no, nonostante la data reciti metà ottobre 2014.
Difficile pensare che sia al Chelsea che al City capitino un numero considerevole di infortunati e indisponibili come capitato a noi in questo terribile inizio di stagione. Ma si sa, la speranza sarà sempre e comunque l'ultima a morire.
Pensarci adesso ha poco senso. Caricarsi nella testa alibi e scuse ancora meno.
Tutto deve andare avanti, e noi per primi dobbiamo metterci nella testa che mercoledì sera ci sarà l'impegno di Champions e sabato prossimo saremo ospiti allo Stadium of Light, con di fronte un Sunderland che dovrà dare risposte concrete ai propri tifosi dopo gli otto ceffoni presi ieri in quel di Southampton.
Ieri scrivevo che non può piovere per sempre, oggi mi rendo perfettamente conto che al momento continua pesantemente a piovere sul bagnato.
Stamane però è giunta un'ottima notizia. Si tranquilli, sto sempre scrivendo di AFC. Jackie Boy sarà disponibile per il match contro l'Anderlecht, non avendo riportato nulla di serio dopo lo scontro avvenuto con Gaston Ramirez.
Tornando al match di ieri. Dopo l'iniziale vantaggio scaturito con la marcatura di Alexis, tutto faceva presagire ad un pomeriggio che avremmo trascorso in tranquillità. Ma così non è andata.
Il pareggio irregolare di Diamé ha riportato tutti noi sulla terra e l'inizio shock della seconda frazione di gara direttamente all'inferno. Lo score era impietoso. Noi quattordici conclusioni e un solo goal, loro tre tiri e due reti.
Con zero alibi e ancor meno scuse si doveva alzare la testa per rimediare al vantaggio dei Tiger conseguito con la terza realizzazione in campionato di un sempre più convincente Abel Hernadez. Qui, nonostante tutto, è uscita fuori la squadra, quella con la "s" maiuscola.
Loro coperti, anzi copertissimi. Noi in difficoltà negli ultimi venti metri.
Il giro-palla era l'unica soluzione possibile per scardinare il muro messo in piedi dai ragazzi di Bruce.
A tratti ci siamo riusciti, in altri, insistendo troppo con la giocata singola, meno.
Il pareggio però è avvenuto paradossalmente proprio dopo un numero tra i "birilli" di Sanchez, caparbio nel superare mezza difesa del City e geniale nel servire al centro dell'area di rigore Danny Welbeck. Quest'ultimo ha messo in fondo alla rete una sfera complicata, dimostrando ancora una volta l'importanza e il valore del suo acquisto. Credevo fortemente che il match l'avremmo impattato, perché grinta e determinazione erano lampanti con un fulmine in piena notte.
Era il novantunesimo minuto. Da quel momento, e non so per quante volte, ho ripetuto come un pazzo che guida a fari spenti nella notte: adesso la vinciamo!!!
In quei cinque folli e magici minuti abbiamo avuto tre pazzesche occasioni. Prima con Santino, poi, la più clamorosa, con Kieran e infine, con dodici secondi addizionali sul recupero (figli dell'ultimo corner avuto a disposizione), con Nacho.
Purtroppo non è andata, nonostante l'avremmo ampiamente meritata.
Dopo otto giornate ci troviamo con una sola sconfitta sulle spalle, quella particolare patita a Stamford Bridge. Un dato che dovrebbe far riflettere molto (e molti). Un presupposto che è lo specchio della nostra propensione a non mollare mai. Un numero che riflette la determinazione di un manager troppe volte criticato, soprattutto quando le cose non vanno come molti vorrebbero.
Un concetto che ci dovrà far guardare al domani con profondo ottimismo, nonostante tutto.
Perché in un mondo che non aspetta nessuno dovremmo esser bravi a far si che il nostro spettacolo vada avanti.
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