L'epilogo della sessantanovesima edizione del Festival della canzone italiana ha messo in luce, per l'ennesima volta, un comportamento che si discosta e di parecchio dalla deontologia di una professione che dovrebbe mettere davanti a tutto la responsabilità del ruolo assunto.
Niente di tutto questo è accaduto, anzi: le ingiurie, l'accanimento, l'odio e quell'arroganza nell'ergersi a padri-padroni del risultato finale ha sporcato una delle edizioni musicalmente più belle degli ultimi vent'anni.
Da quanto (purtroppo) emerso nella conferenza stampa post-festival (e da ciò che è accaduto nelle fasi di premiazione) appare evidente che (soprattutto) la sala stampa abbia votato contro (Volo e Ultimo) piuttosto che a favore (di Mahmood). Della serie: l'importante era non far vincere i due artisti scelti dal popolo. E questo, a prescindere dai gusti musicali, è stato decisamente penoso.
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