E' giunta al suo termine la campagna elettorale per le Europee 2019. Da adesso il silenzio, Caronte che ci traghetterà alle urne nella giornata di domenica. Il dato principe che più di altri ci offrirà la reale visione d'insieme del Paese sarà l'affluenza, termometro che misurerà la fiducia, l'interesse e la speranza che il popolo della penisola riverserà nei confronti delle Istituzioni, a prescindere da maggioranze e opposizioni.
L'argomento non lo ha trattato praticamente nessuno dei protagonisti, eccezion fatta per i 5 Stelle, che a nome di Luigi Di Maio hanno invitato l'elettorato (il loro naturalmente) a recarsi alle urne, consapevole che una bassa affluenza sarebbe negativa sia per lo "stivale" che per il proprio Movimento.
Da questa estenuante campagna elettorale, un po' come il mercato calcistico di agosto, ne è uscito trionfante proprio il trentaduenne da Avellino, che con moderazione e qualche contropiede ben organizzato ha sbaragliato non solo gli avversari ma messo d'accordo garantisti, ambientalisti, progressisti, carta stampata e pure qualche liberale. Fondamentale, a prescindere dalla percentuale che si iscriverà nella casella dei grillini, sarà mantenere quanto dichiarato per non perdere un campionato, sulla carta, già vinto.
Gli altri, chi più chi meno e accompagnati dalle vicende di giustizia dell'ultimo periodo, hanno perso clamorosamente, a prescindere dai numeri che raccoglieranno.
Il centro-destra tra le visioni comuniste (ancora?) del caimano, le zucchine di mare di chi da buona maestra di geografia ha ripetuto a più riprese che la capitale d'Italia è Roma (ma che davero davero!?) e il difensore dell'illegalità istituzionale interna al proprio partito hanno giocato a "Ciapa no", facendo il pieno di punti (al contrario) e il vuoto di contenuti; la Lega, oltre ad aver messo Felpapig capolista in tutte le cinque circoscrizioni non ha presentato uno straccio di programma. Autobiografico.
A "sinistra", sinistramente, i mostri del passato hanno proseguito l'opera di cannibalismo che ha ridotto quello che un tempo era il faro della maggioranza degli italiani in qualcosa di non più comprensibile. Le ulteriori vicende giudiziarie, trattate dai vertici come una partita di Monopoli senza la casella della prigione, hanno fatto il resto, riproponendo pari pari quella impossibilità di comunicare al Paese una reale voglia di cambiare. A peggiorare le cose nell'area il dislocamento di gruppi e gruppetti che in barba al 4% di sbarramento hanno corso per il nulla cosmico.
Ora toccherà a noi, sperando di essere in tanti e con la consapevolezza che questa volta non ci si dovrà accontentare del meno peggio.
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