Storia di un gallese atipico che dopo 11 anni di Arsenal e una vita dedicata e spesa per l'English Football ha deciso di cambiare vita, abitudini, obbiettivi, sposando il nuovo progetto Juventus.
La sua carriera si sarebbe dovuta e potuta spegnere in un tardo pomeriggio inglese, quando nel rettangolo verde dell'allora Britannia Stadium l'intervento di Ryan Shawcross portò alla doppia frattura della tibia e del perone del ragazzo nato e cresciuto nella comunità del Galles meridionale di Caerphilly. Quella sera nel cuore e nella mente di ogni Gooner il parallelismo con quanto accadde il 23 febbraio 2008, durante l'incontro con il Birmingham, tra il difensore Martin Taylor e il centravanti brasiliano naturalizzato croato Eduardo fu inevitabile. A due anni esatti di distanza (27 febbraio 2010) una delle grandi promesse del calcio britannico, paragonato in tempi non sospetti ad essere l'erede naturale di Frank Lampard, usciva in barella dal rettangolo di gioco tra le urla di dolore e le mani fra i capelli dei compagni di squadra; ricordo ancora nitidamente quelle di Fabregas, di Walcott, di Vermaelen.
In poche ore il "Get well soon Aaron Ramsey" si sparse per tutta l'isola (e anche oltre), con la speranza che l'allora ventenne centrocampista gallese tornasse quantomeno a camminare, e non solo a giocare a football per i colori bianchi e rossi della formazione di Ashburton Grove.
Da quella sera in Stoke-on-Trent di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta.
E' passato il terribile infortunio, sono passate ben 262 presenze in maglia Gunners, 40 goal, due dei quali decisivi nelle finali di FA Cup disputate sul terreno di Wembley rispettivamente contro Hull City nel 2014 (goal decisivo al 109'minuto) e contro il Chelsea il 24 maggio del 2017 (goal decisivo al 79' minuto), e soprattutto una presenza costante, anche da capitano, nella squadra e nei cuori dei tifosi del nord di Londra.
Un'avventura che si è conclusa (bene e senza strascichi alcuni) sul finire della passata stagione, quando da una parte il giocatore e dall'altra il nuovo staff tecnico di Unai Emery hanno deciso per la separazione consensuale.
Ora Aaron, approdato a Torino, inizierà una nuova avventura, un nuovo stile di vita, con nuovi compagni e all'interno di un mondo diverso rispetto a quello anglosassone di intendere il football.
Lo farà, e su questo ci si può mettere la mano sul fuoco, da guerriero e campione quale lui è sempre stato, senza tirarsi indietro mai, affrontando le sfide con quel cuore che lo ha fatto rialzare dal terreno di gioco di Stoke-on-Trent e attraverso l'Emirates Stadium lo ha portato fino a Torino, a giocare, come da lui stesso dichiarato in un buonissimo italiano, per uno dei club più grandi al mondo.
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