Lo stato confusionale che sta vivendo e attraversando il ministro della propaganda è ormai visibile a occhio nudo: da Lampedusa fino a Mosca, zona Hotel Metropolitan. Quella sua maniacale rincorsa al consenso, con comizi che data dopo data sono passati dal sold-out al chi c'è c'è basta che qualcuno c'è, lo ha schiacciato senza che nemmeno se ne accorgesse, catapultandolo verso responsabilità che prima sfruttava per il non averle e che oggi, con il 38%, se le ritrova addosso senza la capacità di venirne fuori.
A chiacchiere, negli ultimi 10 mesi non lo ha battuto nessuno, a fatti, lui, il suo ministero e l'intero partito, è stato capace di partorire due decreti con l'impresa che il secondo ha avuto l'effetto di fotocopiare il primo, per mancanza totale di idee e competenza.
L'Europa, le elezioni del 26 maggio, il trionfo di quella notte non ha fatto altro che produrre l'effetto contrario di quanto sperato e auspicato. Oggi nel continente la Lega è più sola che mai, abbandonata perfino da quegli "amici" che nella settimana appena trascorsa hanno votato in blocco e disciplinatamente la Von der Leyen.
Tra le mura amiche, tra appuntamenti con Mattarella, le contestazioni su giustizia, manovra economica e autonomie, gli attacchi a tarda notte alla Trenta e Toninelli dopo l'abbuffata di salsicce all'ennesimo comizio leghista e le sviolinate a Giggino dopo averlo tacciato solo poche ore prima di traditore, la misura, ormai colma, di un delirio destinato a chiudere l'era dei baci e dei bacioni.
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