E' da ormai una settimana che è tornato a fare ciò che gli riesce meglio: calcare le piazze (le spiagge hanno ormai chiuso i battenti) per raccontare alla gente tutto quello che in quattordici lunghi mesi non ha fatto e quello che, da ora in avanti e con ancora pieni poteri (a Norcia, la città di San Benedetto, il patrono d'Europa, si è addirittura spinto ad affermare: "Prendiamoci l'Umbria per cambiarla tutta."), farà per il Paese e i suoi cittadini (quelli che a suo dire vorrebbero andare a elezioni).
E tra un panino con la porchetta, una birra, il solito bagno di folla e un tour che sembra non conoscere confini il Segretario del Carroccio ha pensato bene di prendersi una breve pausa convocando nella sua Milano l’assemblea degli amministratori locali del centrodestra, e naturalmente della Lega.
Un incontro che ha trattato il tema dell'attuale, a suo dire inciuciante, legge elettorale (quella stessa votata dalla Lega in data 26 ottobre 2017) e in relazione una proposta, votata per alzata di mano a larga maggioranza, per una soluzione in senso pienamente maggioritario.
Come? Se cinque regioni approveranno il quesito entro settembre si potrà andare direttamente al referendum nella prossima primavera.
Un referendum che inevitabilmente riporta indietro di qualche anno e di un paio di legislature, quando un altro Matteo, dopo la sbornia di voti conquistati alle Europee del 2014, si rivolse agli italiani per il referendum costituzionale del 2016. Sfociato in una storica e sanguinaria debacle.
Corsi e ricorsi che sembrano non spaventare l'indossatore di felpe altrui, che dopo il risultato eclatante delle Europee, l'ubriacatura nello stato libero di Papeete, le varie lezioni di costituzione, stile e democrazia impartitegli a più riprese da Giuseppe Conte e l'onta subita dal nuovo esecutivo formato da Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, ha addirittura puntato l'obbiettivo a ottenere 5 milioni di firme, annunciando di volere eleggere il presidente della Repubblica in modo diretto.
Il tutto, come dice lui, facendo una cosa per volta.
Lo stato psicologico di chi ha voluto fare all-in con in mano un effimero numero da sondaggio e senza prendere minimamente in considerazione la democrazia rappresentativa sembra avere ancora scorie e tossine da eliminare. Per depurare queste ultime sarebbe semplicemente bastato frequentare il Viminale, dando retta alle parole di Giancarlo Giorgetti che invitavano, in tempi non sospetti, a tenere una fotografia di Matteo Renzi sulla scrivania di ogni leghista, lui compreso. Perché si sa: dal 40% all'oblio il passo è decisamente breve.
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